Doveva essere un'immensa prateria da conquistare, è diventato un deserto abbandonato. Il centro, luogo leggendario della politica, rischia di rimanere senza portabandiera. Perché con Silvio Berlusconi ricoverato in un letto d'ospedale e Matteo Renzi transitato ad altro impiego, la fantomatica casa dei moderati resta senza pilastri. Il Terzo Polo, che avrebbe dovuto attrarre l'elettorato centrista, ha perso rapidamente la capacità magnetica delle prime ore e alla Forza Italia di Antonio Tajani manca il quid per aspirare a un ruolo centrale. Né si può immaginare che all'improvviso Maurizio Lupi si inventi all’improvviso leader di un movimento popolare. A chi toccherà allora il compito di dare un approdo alla diaspora moderata?

Escludendo i tentativi di Clemente Mastella, l'unico a volerci provare resta Carlo Calenda, convinto di avere i numeri per riuscire nell'impresa, nonostante il “socio” capace, l'ex premier Renzi, lo abbia abbandonato al suo destino con l’ennesima mossa del cavallo. Il leader di Azione ci crede comunque e si sbraccia al suo solito per ribadire al mondo che lui c'è. Obiettivo primario: marcare le differenze da chi ha deciso di abbandonare la nave. «Renzi mi ha chiamato, bontà sua, un pochino prima» di fare l'annuncio sulla sua direzione del Riformista, dice l'aspirante federatore . «È bene chiarire che nulla avrà a che fare con il Terzo polo, il Riformista non sarà il giornale del Terzo polo, il Riformista non è un giornale di partito ed è una situazione inedita un senatore che è anche direttore di un giornale, ma l'indipendenza sarà molto importante per Renzi», insiste Calenda, confidando nella capacità del senatore di Rignano sull’Arno di «distinguere» i piani. Perché l’unico interesse dell’ex ministro dello Sviluppo economico resta quello di «costruire un grande partito del pragmatismo liberal democratico». E per questo motivo, Renzi non farà parte del gruppo incaricato di scrivere il manifesto del partito unico.

«Non ha incarichi formali», sottolinea Calenda. E dopo aver congedato l’ex socio, il leader scamiciato di Azione congeda anche Silvio Berlusconi, il modello inarrivabile per chi sogna di guidare i centristi liberali. «È la chiusura di fatto della seconda Repubblica», dice Calenda a proposito delle condizioni di salute del Cavaliere, «perché la seconda Repubblica è Berlusconi e io non ho mai creduto alla successione di Berlusconi perché non c'è un altro

Berlusconi. Si chiude un'era. Ora l'unica cosa che si può fare è augurargli il bene». Ma il messaggio di commiato anticipato di non piace dalle parti di Forza Italia, che per bocca del deputato Roberto Bagnasco replica: «Gli auguri di Calenda, come tantissimi messaggi arrivati in queste ore per la pronta guarigione del presidente Berlusconi, non possono che fare piacere. Ancora una volta, però, Calenda ha sbagliato completamente», mette in chiaro Bagnasco. «Berlusconi e le sue idee hanno rappresentato, rappresentano e rappresenteranno sempre quello che Carlo Calenda non sarà mai: il punto riferimento moderati italiani e uno statista di caratura internazionale».

Tutti a contendersi un pezzo di centro e nessuno a chiedersi se il centro esiste davvero. Soprattutto adesso che a Palazzo Chigi siede una donna dell’estrema destra parlamentare italiana e a guidare l’opposizione c’è una ragazza considerata troppo di sinistra per il Pd. E mentre lo scontro si polarizza, il centro si svuota di significato. Magari sarà stato proprio questo dato di fatto a spingere Renzi, uno capace di annusare l’aria per tempo proprio come Berlusconi, ad abbandonare un progetto probabilmente senza sbocco prima di andare a sbattere.

Non è più il 1997, quando un Neri Marcorè in versione Pierferdinando Casini diceva al Pippo Chennedy Show: «Vieni, vieni con noi nel grande centro». Il “grande centro”, se mai è esistito, oggi non c’è più.