Ha parlato sapendo che avrebbe provocato uno tsunami, e così è stato. Il “senatore semplice” Matteo Renzi, dopo giorni di calcolato silenzio sul caso Sea Watch, lancia un attacco deciso al Pd in una lettera- manifesto a Repubblica, in cui snocciola gli errori del partito e prospetta la direzione per un cambio di rotta. Difende l’operato del suo governo che ha «combattuto il protocollo di Dublino, firmato da Forza Italia e Lega» e ribadisce la linea dell’ «aiutiamoli a casa loro» con la cooperazione internazionale in Africa. Poi elenca gli errori: attacca frontalmente Minniti e Gentiloni, colpevoli di non aver messo la fiducia sullo ius soli e di aver «sopravvalutato» il problema quando nel 2017 arrivarono «poche decine di barche». Infine evidenzia le tre direttrici su cui lavorare: denatalità, legalità ed educazione.

Neanche a dirlo, nel Pd si è dato fuoco alle polveri di un botta e risposta incrociati. Il primo a misurarsi con l’ex segretario è stato il neo eurodeputato, Carlo Calenda, che ha definito l’intervento in «Molte parti condivisibili ma non l’attacco a Paolo Gentiloni e Marco Minniti. A prescindere dal fatto che i provvedimenti sono tutti stati votati dal Pd cui eri segretario, sai benissimo che l’emergenza c’era e come» e ancora «Invece di polemizzare su un passato che ci ha visto lavorare tutti, riprendiamo da dove abbiamo lasciato con il Migration compact». Non ha potuto esimersi dal commento nemmeno il nuovo segretario del Pd, Nicola Zingaretti: «Renzi era il segretario rieletto con grande consenso dalle primarie Pd. Faccio fatica a credere che questi temi gli siano sfuggiti di mano, quindi interpreto l’intervista anche come una severa autocritica» e ha ribadito come sia «sbagliato è vivere nel passato, quasi un eterno regolamento dei conti che ci isola dalla società». Il derby è tra chi plaude al ritorno di Renzi e, come il giachettiano Luciano Nobili, definisce la sua «una riflessione doverosa», echi invece ne critica la vena polemica. Nel mezzo, l’ex presidente Orfini - in prima linea sia sulla Sea Watch che per l’astensione sulle missioni in Libia - ha ribadito di aver sempre considerato sbagliate le politiche migratorie del governo Gentiloni perchè «raccontavano una visione sbagliata e, con alcune scelte politiche, ci siamo spostati sulla lettura del fenomeno di Salvini». Anche al di fuori del gruppo dirigente, l’intera base dem ha passato la giornata a commentare la lettera dell’ex segretario, che ha avuto l’effetto di un macigno nella calma piatta del partito. C’è da chiedersi, ora, se le acque torneranno quiete o sarà il prodromo di una vera tempesta, soprattutto per chi si sente sempre più stretto nel nuovo corso zingarettiano.