A pochi giorni dalla Pasqua è arrivato l’uovo con la sorpresa, e che sorpresa. Sono riusciti a tenerlo nascosto a tutti, Piero Sansonetti e Matteo Renzi, fino a questa mattinata, quando è stato annunciato che quest’ultimo, per un anno, sarà il prossimo direttore del Riformista.

Che Sansonetti avrebbe lasciato era noto, visto che andrà a dirigere la nuova Unità, anch’essa rilevata da Alfredo Romeo, editore del Riformista, ma che il nuovo direttore del quotidiano garantista fosse l’ex presidente del Consiglio proprio non se l’aspettava nessuno. Compreso Carlo Calenda, che Renzi ha definito entusiasta ma che per forza di cose dovrà farsi due domande nel prosieguo del progetto terzopolista. Già, perché che fine fa il partito unico, se uno dei due leader delle componenti che ne faranno parte si da al “giornalismo” e diventa direttore di un giornale?

A sentire Renzi non cambia niente, in primis perché Renzi non è giornalista e quindi dovrà avvalersi di un direttore responsabile, relegandosi a un ruolo più simile al direttore editoriale, in secondo luogo perché nessuno gli vieta di continuare a fare politica, e lui non ha alcuna intenzione di lasciare. «Ma che lasciare, anzi, raddoppio», ha scandito raggiante durante la conferenza stampa alla sede della Stampa estera.

«Ho accettato una sfida affascinante», aveva scritto su twitter qualche minuto prima annunciando l’accordo con Romeo e Sansonetti. «Tanti parlamentari hanno fatto i direttori: Veltroni era vice direttore dell’Unità, Mattarella direttore del Popolo (anche se quelli erano giornali di partito, ndr) - ha spiegato Renzi - Non c’è un legame con il Terzo polo, il Riformista sarà letto da una parte della maggioranza, il centrodestra riformista, e l’area del Pd che non si riconosce nella Schlein: forse fa sorridere, preoccupare o stupire la mia direzione, ma io ho una passione vera per il rapporto tra verità e viralità».

Insomma un giornale «libero», come l’ha definito lui stesso, che si propone di fare da cassa di risonanza per il terzo polo e per il progetto del partito unico che «dovrebbe andare in porto entro fine anno». E le tempistiche ci sono tutte, visto che Renzi resterà direttore fino a fine aprile 2024, cioè appena in tempo per condurre in prima linea le ultime settimane di campagna elettorale per le Europee. Ma Calenda, che si è complimentato «per il nuovo prestigioso incarico» descrivendo il Riformista come «un giornale che ha fatto tante battaglie di civiltà, che con Matteo avrà una voce ancora più forte», dovrà farsi carico di tutte le questioni “politiche” e di tutto ciò che potrebbe derivare dalla direzione Renzi del quotidiano. Non mancheranno gli attacchi, riconducibili sia alla opportunità che un leader di partito diriga un quotidiano sia ai legami tra Renzi e personaggi poco raccomandabili dal punto di vista della tutela della libertà di stampa, a partire dal principe saudita Mohammed bin Salman, accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Kashoggi.

Tra le altre cose Renzi ha spiegato di non aver firmato ancora un contratto e quindi di non sapere ancora quanto percepirà, di aver informato la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, alla quale «non faremo sconti», e ha rivelato che è stato il dem Gianni Cuperlo ad aver suggerito a Romeo di offrire a Renzi la direzione del Riformista. Aggiungendo che non ritirerà le querele contro i giornalisti e che anzi ora sarà lui a rischiarle.

Insomma il più classico dei Renzi show, capace di spiazzare tutti, dai suoi fedelissimi al suo gemello diverso Calenda. «Maledetto, si è piazzato, pensavo che il posto lo offrissero a me», ha commentato ironicamente il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, mentre il leader M5S Giuseppe Conte ha sdrammatizzato con un battuta. «Vi vedo preoccupati, avete paura che qualche politico vi rubi il mestiere?», ha detto ai giornalisti a Montecitorio con un chiaro riferimento al collega ex presidente del Consiglio. Ne vedremo delle belle.