I tempi stanno per cambiare. Giorgia Meloni ha goduto sinora di un magico momento di immobilità forzata che ha prolungato per mesi la pausa di assestamento che sempre segue le elezioni politiche. Hanno cospirato vari fattori, finiti tutti a suo vantaggio. L'anomalia delle elezioni in settembre coniugata con una fase di crisi in parte conclamata e in parte incombente hanno sin qui ridotto ai minimi termini i margini di scelta del suo governo. L'impossibilità di scegliere può essere dolorosa ma ha i suoi vantaggi: dividersi sul serio quando il percorso è obbligato è impossibile. Si può fare un po' di teatro intorno alle minuzie tanto per segnalare la propria esistenza, ma nulla di più. La proverbiale luna di miele e l'impossibilità di prendere decisioni cogenti hanno protetto, se non l'intero governo, almeno la sua presidente la cui capacità mediatica è fuori discussione.

La maggioranza è rimasta poi per mesi padrona assoluta del campo: la forza più strutturata e comunque centrale dell'opposizione ha scelto di restare acefala per mesi.

Lo stato di sospensione prolungata nel Pd si riflette inevitabilmente sulle altre forze di opposizione. Per mettere a punto e dispiegare una strategia sia Conte che il tandem Calenda- Renzi devono avere almeno una vaga idea di cosa sia e come intenda muoversi il Pd. Senza poter disporre di quella necessaria informazione tutti, incluso lo stesso Pd, erano e sono ancora condannati a una serie di battaglie mimate non molto diversa dalle finte discussioni nella maggioranza. Materiale da talk show e nient'altro, come la surreale lite su una riforma della giustizia inesistente ma anche come l'attuale disfida non sul caso Cospito o sul 41 bis ma sulle responsabilità della coppia Delmastro- Donzelli o sulle presunte e in realtà inesistenti leggerezze del Pd nel carcere di Sassari.

In questo prolungato fermo immagine dove abbondano solo i falsi movimenti la premier si è saputa muovere bene sul terreno che conosce meglio, quello della costruzione della propria immagine politica. Ha preso con successo le distanze dalla “Giorgia di prima”,

quella incendiaria e vociante, accreditando agli occhi dei partner europei e degli elettori italiani quella ben diversa di una leader conservatrice ma del tutto omogenea al sistema complessivo, seria e determinata ma non dispotica. I consensi che, almeno nei sondaggi, premiano FdI andrebbero in realtà ascritti solo a lei, non a un partito la cui inadeguatezza è evidente persino per gli elettori più sprovveduti.

Questa fase magica arriverà al capolinea con le elezioni regionali di domenica prossima e con il ballottaggio nel Pd alla fine del mese. Il segretario del Pd, chiunque sia e per quanto ecumenico tenti di apparire, dovrà scegliere una fisionomia, se non strategica almeno tattica, e da quel momento le opposizioni inizieranno davvero a darsi da fare per mettere il governo nei guai.

Qualunque gioco scelgano di impostare, sia che si tratti della ricerca di un punto di incontro unitario sia che invece Renzi e Calenda aumentino gli sforzi per staccare Fi dalla maggioranza, la premier non sarà più padrona solitaria dell'intero campo. Almeno alcune delle scelte sin qui evitate in virtù del quadro complessivo oppure rinviate, dovranno essere assunte e gli stessi alleati dovranno scegliere, dopo l'esito del voto in Lombardia e nel Lazio, se accettare un ruolo subordinato e vassallo oppure brigare sotto traccia per indebolire non FdI, che è già debolissimo di suo, ma la sua leader, che invece non lo è affatto.

Gli effetti di una legge di bilancio in buona parte ereditata dal governo Draghi non si estenderanno oltre la fine di marzo e in primavera si delineeranno abbastanza nitidamente sia i margini di flessibilità che la Ue è disposta a concedere sul Pnrr sia gli effetti dei rialzi dei tassi sull'economia italiana. È presumibile, e anche auspicabile, che il nuovo segretario del Pd scelga di procedere rapidamente, dopo una pausa congressuale assurdamente lunga, permettendo così alla dialettica politica di ripartire davvero. Il dopo elezioni politiche, quello vero, comincia solo adesso.