Il Pnrr nelle mani della Lega. Nessuno, all’indomani del voto, avrebbe forse pronosticato che il partito di Matteo Salvini, andato peggio di ogni più nefasta previsione, avrebbe messo le mani sul piano d’investimenti ottenuto dal governo Conte, messo in piedi dal governo Draghi e destinato a plasmare il futuro del paese. Non lo pensava certo Giancarlo Giorgetti, che nell’esecutivo dell’ex presidente della Bce era ministro allo Sviluppo economico, e che ora guiderà niente meno che il Mef, colonna portante da dove passano le decine di miliardi fin qui arrivate e che ogni sei mesi arriveranno (forse, chissà) nelle casse dello Stato.

L’endorsement più importante, e decisivo, è arrivato dall’attuale titolare di via XX settembre, Daniele Franco, che appena prima dell’incarico a Giorgia Meloni ha definito «adattissimo» al ruolo l’enfant prodige bocconiano che ha cambiato per sempre la politica economica del Carroccio. E che ora dovrà confrontarsi con i suoi colleghi europei, a partire dal tedesco Christian Lindner, falco delle finanze, fino a Bruno Le Maire, ministro dell’economia di Emmanuel Macron. Anche di questo si è parlato nel vertice informale dell’altra sera a Roma tra la neo presidente del Consiglio e il presidente francese, e non è passato inosservato che al Parlamento europeo il partito di Marine Le Pen non siede tra i banchi dei Conservatori di Meloni ma vicino a quelli di Identità e democrazia di Matteo Salvini.

Il quale di certo non s’aspettava di fare en plein una volta sfumato anche l’obiettivo minimo, cioè la doppia cifra. Così che avrebbe potuto reclamare, di nuovo, il Viminale. Così non è andata, ma dopo la batosta elettorale va dato atto al numero uno di via Bellerio di essersi saputo adattare, facendo passare al ministero dell’Interno Matteo Piantedosi, suo braccio destro ai tempi del governo gialloverde e mente dei decreti sicurezza e prendendo, tra gli altri, il Mef e le Infrastrutture. Ministero che guiderà lo stesso Salvini, e dal quale passano, anche in questo caso, gran parte dei fondi del Pnrr. Ponti (quello di Messina in primis), ferrovie, strade, viadotti. Obiettivi strategici sui quali cadranno una pioggia di miliardi nei prossimi mesi, e che il segretario leghista dovrà gestire come prima di lui Danilo Toninelli, all’epoca dell’esecutivo Conte I e II, ed Enrico Giovannini sotto la guida di Draghi.

«Al lavoro per far ripartire i cantieri, da Nord a Sud - ha scritto ieri il leader leghista su Instagram - Sul tavolo ci sono già 2,8 miliardi per il piano speciale per l’edilizia sociale e la rigenerazione urbana, si tratta di più di 150 progetti selezionati e sono previsti interventi su migliaia di abitazioni e quartieri, con grande attenzione per le periferie: sarà una delle nostre priorità».

Per come è stato impostato dall’ex governatore di Bankitalia, il Pnrr «dispone una serie di investimenti finalizzati allo sviluppo di una rete di infrastrutture di trasporto moderna, digitale, sostenibile e interconnessa, che possa aumentare l’elettrificazione dei trasporti e la digitalizzazione, e migliorare la competitività complessiva del Paese, in particolare al Sud». Gran parte delle risorse, si legge nelle indicazioni del governo, «è destinata all’ammodernamento e al potenziamento della rete ferroviaria», a partire dalla Napoli- Bari, il cui finanziamento è stato uno degli ultimi obiettivi raggiunto dall’esecutivo Draghi.

Secondo un’analisi della Banca d’Italia «l’occupazione aggiuntiva nel 2024, anno di picco di spesa del Pnrr, è stata stimata in circa 300mila persone». Gli esperti di via Nazionale calcolano che i posti di lavoro arriveranno «per quattro quinti» dal privato e le costruzioni avranno la parte del leone, con circa 65mila unità in più. Meno forti, ma con «una marcata inversione di tendenza» rispetto al 2014- 2019 i comparti della produzione di computer, elettronica e ottica e nella ricerca e sviluppo.

Nelle mani della Lega, insomma, è finita una patata bollente che il governo Meloni dovrà dimostrare di saper raffreddare proseguendo nel percorso avviato dal governo precedente. Pena attriti con Bruxelles. Ieri Salvini ha convocato una riunione con i vertici del partito proprio su questo. Il summit, spiegano fonti leghiste, «ha affrontato alcuni temi economici a partire da superamento della legge Fornero, estensione della flat tax, interventi strutturali sulle cartelle esattoriali, ipotesi di revisione del reddito di cittadinanza». Di Pnrr, al momento, neanche l’ombra.