Varato il governo, ed esaurite le dichiarazioni sull’importanza di vedere varcare la soglia di Palazzo Chigi a una donna, i partiti dell’opposizione affilano le armi contro quello che già definiscono «un governo, non identitario, ma reazionario». Non tutti, certo. Perché, già nei primi commenti seguiti alla presentazione della lista dei ministri, si nota una certa distanza fra i toni più concilianti e improntati alla collaborazione dei centristi di Azione e Italia Viva e quelli più barricaderi di Pd e Movimento 5 Stelle. Il Partito Democratico è alle prese con l’avvio del congresso che dovrebbe portare all’elezione del nuovo segretario entro la prima metà di marzo. Ma nelle intenzioni del segretario Enrico Letta, i dem porteranno avanti una opposizione «dura e intransigente», a prescindere dal lavoro di rinnovamento del partito. «Opposizione, opposizione, opposizione», promette il leader dem che sembra voler riecheggiare quel «Resistere, resistere, resistere» pronunciato dal procurato generale di Milano Francesco Saverio Borrelli nel 2002 contro l’allora governo Berlusconi. Per portare avanti questa opposizione, i dem puntano a istituire un tavolo di coordinamento con gli altri partiti di opposizione, ma hanno dovuto già incassare il «no, grazie» di Matteo Renzi e Carlo Calenda. A pesare, dicono i centristi, è lo strappo consumato in occasione dell’elezione delle vicepresidenze delle Camere, andate due ai dem e due ai Cinque Stelle. La capogruppo Pd al Senato, Simona Malpezzi, assicura però che la prospettiva dell’unità fra le opposizioni non è del tutto naufragata. «Noi faremo una opposizione seria e intransigente. E la faremo cercando di costruire un coordinamento delle opposizioni», dice Malpezzi. Non altrettanto convinta è Italia Viva che, con la presidente dei senatori Raffaella Paita, spiega che «un’intesa del ’tutti contrò non serve a nulla. Perché la buona politica non si fa contro qualcuno, ma per voler fare qualcosa». E ribadisce: «Faremo un’altra opposizione al governo Meloni, valutandolo sulla base del suo operato. Ci sono due opposizioni: la nostra è riformista, seria, sempre e solo nell’interesse del Paese».

A Roma nasce "Coordinamento 2050": il polo progressista che «si relaziona» con il Movimento di Conte

L’appello dei dem non sembra fare breccia nemmeno fra i Cinque Stelle che oggi, con il presidente Giuseppe Conte, hanno avviato una interlocuzione con il costruendo "Polo Progressista" lanciato da Stefano Fassina assieme a una serie di personalità del mondo della cultura, da Domenico de Masi e Moni Ovadia. L’assemblea dei sottoscrittori ha approvato un ordine del del giorno per costituire "Coordinamento 2050", un’associazione civica, ecologista e di sinistra. «Coordinamento 2050, con autonomia politica ed organizzativa, ma senza velleità di fondare l’ennesimo partitino, avvia una relazione politica con il M5s guidato da Giuseppe Conte al fine di promuovere un credibile polo progressista, adeguato alle sfide per il governo di Comuni, Regioni e dell’Italia», si legge in una nota. Per Conte, il Partito Democratico «è indietro» rispetto a un percorso di rinnovamento che il Movimento 5 Stelle ha avviato un anno fa e da poco concluso. Sulla base di questa esperienza, e con un pizzico di malizia, Conte si spinge a offrire il «know how» del M5s ai dem: «Consiglio non richiesto: dovete scontrarvi» perché «se all’esito di questi processi la logica correntizia sarà sempre lì, non servirà a nulla». Oltre a questo, Conte fa il punto sul governo che sta per partire parlando di «segnali inquietanti» su vari fronti, a cominciare dalla legge sull’aborto, a difesa della quale promette di alzare un «muro», passando per l’autonomia differenziata che mette in pericolo il Sud, fino ad arrivare alla politica fiscale, con la scomparsa del ministero dell’innovazione digitale, considerata da Conte come un regalo agli evasori. Insomma, altro che «governo identitario: è il governo più reazionario della storia della repubblica italiana», attacca Conte.