Il giorno dopo lo scioglimento della cravatta, il Movimento 5 Stelle brancola nel buio. I possibili pretendenti al trono per ora stanno fermi. Nessuno vuole uscire allo scoperto finché non saranno chiare le regole del gioco, ovvero le modalità con cui si terranno gli Stati generali di marzo. E soprattutto, in tanti aspettano di capire cosa significhi quel sibillino «io ci sarò» pronunciato da Luigi Di Maio durante il discorso d’addio. «Lui proverà a rimanere in sella, questo è sicuro», dice un deputato, «magari con la formula della leadership collegiale». L’idea che il ministro degli Esteri punti tutte le sue fiches sull’ingovernabilità del M5S per assicurarsi un possibile ritorno, magari in ticket con Chiara Appendino, è molto diffusa tra deputati e senatori, convinti che comunque l’ex capo, socio fondatore del nuovo M5S insieme a Davide Casaleggio, continui a tenere salde le redini del partito attraverso il controllo totale dello “Staff comunicazione”. Ma ciò non significa che manchino gli aspiranti successori.

Il primo a voler giocare le sue carte potrebbe essere il neo reggente Vito Crimi. Il vice ministro dell’Interno e primo capogruppo al Senato della storia pentastellata non è arrivato all’appuntamento con la leadership impreparato. Al contrario. Sapeva da tempo che in caso di dimissioni di Di Maio, da statuto la reggenza sarebbe finita nella sue mani e ha lavorato in silenzio per garantirsi una base di consenso. E ieri, al primo giorno di mandato, non ha perso tempo: prima summit con i capigruppo di Camera e Senato, Davide Crippa e Gianluca Perilli, per fare il punto della situazione; poi incontro con i “facilitatori” per avere ragguagli sulle loro attività e cominciare a ragionare sugli Stati generali. La prossima settimana, probabilmente martedì, presiederà da capo politico alla prima assemblea congiunta dei parlamentari. Sarà l’occasione per toccare con mano gli umori della “base” e capire quante chances di sopravvivenza abbia la sua leadership dopo il congresso. Ma per ambire al trono dovrà mostrare discontinuità politica con la stagione precedente, abbandonando l’idea dell’equidistanza da destra e sinistra del M5S.

IL MINISTRO LANCIATO

Tra i parlamentari il nome più gettonato per la successione resta quello del ministro per lo Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. Dopo aver messo in mostra, da capogruppo a Palazzo Madama, le sue doti di mediatore nella fase di passaggio dal Conte 1 al Conte 2, Patuanelli ha fatto breccia tra i gruppi parlamentari. Favorevole a una scelta di campo del Movimento nell’area progressista, il suo nome sarebbe anche parecchio gradito ai dem, alla ricerca di un interlocutore capace di stabilizzare l’alleanza in maniera organica. Se fosse lui a sostituire Di Maio nel ruolo di capo delegazione nel governo, la sua ascesa sarebbe segnata.

È bene non perdere mai di vista però gli spostamenti di Alessandro Di Battista. Tra un viaggio in Sud America e uno in Iran, l’ex deputato potrebbe decidere di tornare a casa per qualche tempo per “vendicarsi” dell’ex amico fraterno Luigi e tentare la scalata al Movimento. Ritenuto ormai quasi un corpo estraneo al partito da molti eletti, Dibba potrebbe puntare a marciare su Rousseau con l’ala irriducibile del grillismo, spostando a destra l’asse del Movimento.

Qualunque nuovo capo politico dovrà fare comunque i conti col peso politico di Roberto Fico. Il presidente della Camera continuerà a rivestire un ruolo istituzionale ma non rinuncerà a incidere sugli equilibri interni, piazzando suoi uomini nei posti di comando. E in caso di leadership collegiale, potrebbe ad esempio pretendere di inserire Federico D’Incà tra i capi.

Occhi sempre puntati anche su Roberta Lombardi, che non ha mai fatto mistero delle sue ambizioni a guidare il Movimento una volta scaduto il mandato di Di Maio. La capogruppo grillina al Consiglio regionale del Lazio vanta inoltre sul curriculum il titolo di “pioniera dell’alleanza giallo- rossa”, conseguito in Regione dialogando con Zingaretti quando i suoi compagni partito si accanivano ancora sulle Ong. Tenterà la scalata personale o almeno determinare il successore. Da tenere sotto osservazione, infine, le mosse dei vari Max Bugani e Giancarlo Cancelleri. Perché nel sottobosco grillino spuntano sempre nuovi funghi.