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Fu il governo guidato da Giuseppe Conte, in cui Matteo Salvini era vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno, a cambiare le regole d’ingaggio sui migranti, in particolare per quel che riguarda la Guardia Costiera. L’accusa lanciata da Matteo Renzi è di quelle destinate a far parlare per giorni, perché è vero che l’ex presidente del Consiglio attacca allo stesso tempo l’attuale titolare del Viminale, Matteo Piantedosi, ma è anche vero che mentre il mare davanti a Cutro continua a restituire i cadaveri dei migranti, il leader di Italia viva sposta l’attenzione sul leader M5S, che respinge al mittente.
Il riferimento di Renzi è al governo Conte I, quello dei decreti sicurezza fortemente voluti da Salvini e orchestrati dallo stesso Piantedosi, che all’epoca era capo di gabinetto del segretario del Carroccio. Un governo nel quale l’alter ego di Salvini era Luigi Di Maio, che non ancora folgorato sulla via di Città della Pieve dalla visione di Mario Draghi parlava di «taxi del mare» mentre Salvini “chiudeva i porti” alle navi cariche di persone.
Ma la retorica sui migranti è di vecchia data, e se parliamo di Guardia Costiera non possiamo non ricordare quella libica, accusata da organismi nazionali e internazionali di sparare su pescherecci (anche italiani), che provano a soccorrere i migranti nel canale di Sicilia e che dopo aver riportato in Libia i migranti li costringe nei “centri d’accoglienza” che sarebbe più giusto definire lager. Quella stessa Guardai costiera libica che l’Italia, ormai dal 2017, finanzia con il memorandum d’intesa firmato dall’allora presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, messo in piedi dall’allora ministro dell’Interno, Marco Minniti, e che si è rinnovato automaticamente nel 2020 e nel 2022.
Gli scopi di quell’accordo, ovviamente, erano nobili. Prevede infatti che il governo italiano fornisca aiuti economici e supporto tecnico alle autorità libiche (in particolare alla Guardia costiera), nel tentativo di ridurre il traffico di migranti attraverso il Mar Mediterraneo, mentre in cambio la Libia si impegna a migliorare le condizioni dei propri centri di accoglienza per migranti. Il risultato è stato l’opposto. Dalla Libia continuano a partire migliaia di migranti ogni anno, e quelli che restano lo fanno perché costretti dalla Guardia costiera nei campi di concentramento a suon di torture, percosse, stupri e omicidi. Secondo Save the Children, dal 2017 all’11 ottobre 2022 quasi centomila bambini, donne e uomini sono stati intercettati in mare dai dalla Guardia Costiera libica, per poi essere riportate in un Paese che non può essere considerato sicuro.
Insomma la retorica sui migranti, che raramente si trasforma in azioni concrete che migliorino la vita delle persone nei loro paesi d’origine evitando che si imbarchino in traversate che possono concludersi come il naufragio di Cutro, va avanti da anni.
Secondo Vittorio Alessandro, ex portavoce del Comando generale delle Capitanerie di porto, oggi in pensione, è però con il governo Conte I che tutto è cambiato, perché, ha spiegato, «le nostre motovedette sono diventate i “taxi del mare”, i nostri uomini da eroi sono diventati la cinghia di trasmissione, le nostre navi, come la Diciotti e la Gregoretti, che avevano fatto niente più che il loro dovere salvando i migranti in pericolo, sono state lasciate fuori dai porti italiani». Per l’ammiraglio da allora «è cambiato il clima politico, ma sono cambiate anche le regole d’ingaggio ed è cambiata l’immagine stessa del Corpo». Quel Corpo che oggi Salvini difende, perché «codardamente coinvolto in una squallida battaglia politica» e che «se tutelerà in tutte le sedi opportune comprese quelle giudiziarie la propria onorabilità farà solo e soltanto il suo dovere».
Conte intanto butta la palla nel campo del governo, spiega la necessità per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni «di fare chiarezza» perché «non basta una letterina a Bruxelles per chiedere un nuovo sforzo congiunto europeo» e perché «deve chiarire chi è perché non è intervenuto». Ma al momento l’unico chiamato a spiegare quanto accaduto la notte tra domenica e lunedì è Piantedosi, che martedì alle 13 riferirà alla Camera, con le opposizioni pronte a dare battaglia.