All’avvio delle comunicazioni della presidente del Consiglio alla Camera in vista del Consiglio europeo, in molti l’hanno notato. «Nemmeno oggi ci sono i ministri della Lega tra i banchi del governo», ha sussurrato qualcuno. La scena vissuta martedì al Senato si è infatti ripetuta oggi, prima che il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, in quota Lega, sedesse in tutta fretta vicino a Giorgia Meloni. Che era attorniata dai ministri di Fratelli d’Italia e da qualche forzista, ma dei leghisti, da Salvini a Giorgetti, nemmeno l’ombra. Fino all’arrivo “in extremis” di Valditara, poi “sostituito” da Roberto Calderoli in corso di seduta.

E così mentre l’inquilina di palazzo Chigi spiegava la posizione del governo sui migranti, sull’invio di armi a Kiev e sulla contrarietà alla ratifica del Mes, anche oggigli applausi leghisti erano più simili a un rumore di sottofondo che a sostegno convinto alla presidente del Consiglio. Con notevole visibilio delle opposizioni, che dal Pd ad Avs, passando per il Movimento 5 Stelle e il terzo polo, non hanno manco di sottolinearlo.

Per i dem ha parlato Marianna Madia, secondo la quale sulla guerra, tema nel quale il Pd sostiene la posizione del governo, Meloni farebbe bene a «tenere d’occhio» i suoi alleati. Stessa linea di Azione, che con il segretario Carlo Calenda sottolinea come l’assenza della Lega dai banchi del governo e gli interventi contro la linea della Meloni sull’Ucraina certifichino che «questo esecutivo è già in crisi» ma «per le ragioni sbagliate».

A gettare acqua sul fuoco ci prova nel primo pomeriggio Giovanni Donzelli, uno famoso per essere più incendiare che pompiere, ma tant’è. «Sappiate che le preoccupazioni espresse dalla Lega sul rischio di un’escalation non sono questioni di visione, ma le stesse che abbiamo noi di Fratelli d’Italia, con la consapevolezza del centrodestra unito che la pace non si costruisce con la vigliaccheria, si costruisce nel rispetto, nella libertà e nella dignità internazionale - ha spiegato in Aula - È questa consapevolezza che unisce il centrodestra». E se «piena e costante sintonia con il governo» viene espressa da Silvio Berlusconi, che oggi ha riunito in videoconferenza i cinque presidenti di regione di Forza Italia, chi ha attaccato frontalmente la presidente del Consiglio proprio sulla questione della guerra russa all’Ucraina è il presidente M5S Giuseppe Conte, che su questo fronte una partita in solitaria rispetto a Pd e terzo polo.

«Le armi inviate in Ucraina da difensive diventate sempre più offensive e nessuna voce si leva a prendere le distanze dall’alleato inglese che ha annunciato l’invio a Kiev di proiettili con uranio impoverito - ha scandito in Aula - Ci state trascinando di gran carriera in guerra ignorando che in un conflitto scatenato da una potenza nucleare non ci sono vincitori: per questo non possiamo sostenere ulteriori forniture militari e inviamo tutti in Parlamento a uscire dall’equivoco che questo sia il modo di aggiungere la pace». Per poi specificare di «prendere atto dell’appoggio» del governo «alle lobby delle armi». Subito dopo il discorso di Conte Meloni è uscita da Montecitorio per raggiungere il Quirinale per il tradizionale pranzo con il capo dello Stato prima del Consiglio europeo, ma poco prima aveva risposto alle richieste pentastellate di fermarsi sull’invio di armi a Kiev.

«Penso che lo debba dire a Putin - ha replicato la presidente del Consiglio rivolta alla deputata M5S Scutellà - Se noi ci fermiamo consentiamo l’invasione dell'Ucraina, non sono così ipocrita da scambiare un’invasione con la parola pace, pensate davvero che qualcuno voglia la guerra?».

Ma è sui migranti che la leader di Fdi ha incentrato di nuovo il suo discorso, dopo quello al Senato, spiegando che «dall’inizio del mandato l’Italia ha salvato 36.500 persone in mare» e accusando di essere «stati lasciati soli a fare questo lavoro delle volte al di fuori dei confini nazionali». Per poi ribadire che «raccontare al cospetto del mondo che lasceremmo bambini morire nel Mediterraneo e davanti alle coste calabresi è una calunnia non nei confronti del gverno ma nei confronti dello Stato italiano, degli uomini e delle donne delle Forze dell’Ordine che stanno facendo sacrifici enormi, nei confronti del nostro intero sistema». Esilarante, se non fosse per la gravità del tema, il momento in cui il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, ha mostrato in Aula due pietre «raccolte sul greto dell’Adige», a segnalare l’emergenza siccità. E riprendendo Meloni, colta a ridere durante il discorso di Bonelli. Urla e mugugni dalle opposizioni, con tanto di replica. «Lei non può dire che in cinque mesi ho prosciugato l’Adige, neanche Mosè…». Poi i corridoi di Montecitorio le si sono aperti davanti come le acque del mar Rosso, e ha potuto finalmente raggiungere Mattarella al Quirinale.