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Quirinale
Peccato per chi si è perduto lo spettacolo di Enrico Letta collegato con la “Piazza pulita” di Corrado Formigli, sulla 7, dopo l’intervista ultimativa di Giuseppe Conte contro nuovi aiuti militari italiani all’Ucraina, incompatibili - secondo lui - con l’impegno assunto e persino sollecitato da Draghi a Biden, nell’incontro alla Casa Bianca, per una trattativa finalmente con Putin propedeutica alla pace.
Sono rimasto persino ammirato di tanto gelo fuori stagione, specialmente ricordando nitidamente la reazione infastidita, a dir poco, di Letta junior a quello scambio di consegne a Palazzo Chigi nel 2014 col nuovo segretario del Pd Matteo Renzi. Che gli aveva preso il posto alla guida del governo dopo avergli augurato, assicurato e quant’altro una “serenità” che da allora è diventata una barzelletta, o una provocazione nel linguaggio politico italiano. Ne è consapevole lo stesso Renzi, che tuttavia si diverte ogni tanto a replicare col malcapitato di turno, come accadde in particolare con Giuseppe Conte quando ne interruppe l’esperienza a Palazzo Chigi dopo averlo salvato dalla crisi del primo governo a maggioranza gialloverde, nell’estate del 2019.
Pazientemente Enrico Letta ha reagito al veto posto da Conte contro altri aiuti militari all’Ucraina da parte italiana ricordandogli che certe cose si decidono insieme, non potendosi regalare a Putin la divisione fra gli europei, gli occidentali e nella maggioranza di governo da noi. Pertanto occorre aspettare ciò che Draghi riferirà la prossima settimana alle Camere, discuterne e magari anche votare, come l’ex presidente del Consiglio reclama. E aveva per giunta preteso prima ancora che Draghi incontrasse Biden, come se non avesse un mandato per un simile passaggio, o non ne avesse alcuno in generale sulla guerra in Ucraina.
Cose davvero dell’altro mondo, dette peraltro dal presidente di un partito, o movimento, rappresentato al governo addirittura dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Che forse è il vero problema di Conte, essendo o apparendo i due sotto le cinque stelle più competitivi che collaborativi, a dir poco, senza dovere neppure scomodare i retroscenisti, tanto evidente e notoria è la natura problematica dei loro rapporti Nonostante l’intimazione a chiudere la partita delle armi all’Ucraina senza attendere o a prescindere da ciò che avrà pure il diritto di dire il presidente del Consiglio, il segretario del Pd ha espresso a Formigli ottimismo sui rapporti con Conte e sui suoi sviluppi parlamentari ed elettorali, considerando il voto amministrativo del 12 giugno e i pur non menzionati referendum sulla giustizia.
Di fronte ai quali piddini e pentastellati hanno fatto presto a ritrovarsi insieme sul fronte del no ad ogni cambiamento. Resta solo da capire, o da vedere, se tanta calma da parte di Letta alle prese con gli strappi continui che Conte opera o tenta da Draghi e, più in generale da un governo poco rispettoso, secondo lui, della “centralità” dei grillini in questa legislatura pur agli sgoccioli, ormai, derivi dalla poca affidabilità dell’ex presidente del Consiglio come uomo degli ultimatum, declassati dallo stesso Grillo ironicamente ma non troppo a penultimatum. O dalla speranza ben nascosta che, una volta tanto, Conte faccia sul serio e finisca per provocare una crisi. E con la crisi un turno anticipato delle urne che Enrico Letta non teme, avendo buone ragioni per sperare di uscirne comunque meglio del partito da cui il Pd fu sorpassato, anzi travolto nel 2018.