Gianfranco Rotondi, una vita al fianco di Silvio Berlusconi e ora vicino a Giorgia Meloni, spiega che «il Pnrr va preso così com’è anche se alcuni obiettivi andranno rivisti» e sulla dialettica con la Lega è chiaro: «non penso che vogliano mettere i bastini tra l ruote del governo, ma la Lega di Fedriga è diversa da quella di Salvini».

Onorevole Rotondi, la maggioranza sembra essersi impantanata sul Pnrr, con la Lega che propone di non prendere tutti i soldi a disposizione e Fratelli d’Italia che rispedisce al mittente accentrando il piano a palazzo Chigi: come se ne esce?

Io credo che il ministro Fitto abbia l’esperienza giusta per gestire la situazione e non credo che la proposta della Lega sia volta a indebolire il governo o lo stesso Fitto. Da tempo ormai è una fissa della Lega il fatto che in fondo non sia un affare prendere soldi dall’Europa. Ma d’altronde non si può scegliere tra prendere quelli a prestito o quelli a fondo perduto: il Pnrr è un pacchetto unico e va preso così com’è. Di certo dovremo fare una serie di scelte, forse siamo un filo oltre la normale propaganda ma non al punto di mettere il bastone tra le ruote nell’azione del governo, che è portata avanti dal ministri Fitto in maniera esemplare.

Quindi niente preoccupazione per le esternazioni leghiste?

Credo che i buoni risultati di Fedriga dicono che la Lega cresce dove governa bene e quindi fa bene a marcare la sua identità, ma questa scommessa è legata al successo del governo: se la Meloni va bene, cresce anche la Lega.

Ma la Lega di Fedriga è un po’ diversa dalla Lega di Salvini, o no?

Questo si, sicuramente.

Fitto ha ammesso che alcuni progetti dovranno essere per forza di cose rivisti, dal momento che non potranno essere portati a termine entro il 2026. Riuscirà la maggioranza a trovare la quadra sulle prossime mosse da compiere?

Il criterio è quello della spendibilità nel 2026. Lanciarci in corse disperate non è un buon augurio per l’Italia, ma penso che il ministro Fitto abbia fatto bene a dirsi entusiasta di riferire in Parlamento perché su questo tema bisogna andare oltre la maggioranza. In questa fase il dialogo con l’opposizione è essenziale, visto che la spesa pubblica è il piedistallo su cui si fonda una nuova idea di paese. Mi aspetto anche un contributo costruttivo dal Movimento 5 Stelle, perché è guidato da un ex premier e il presidente Conte ha già guidato il paese con il rispetto delle forze che erano all’opposizione del suo governo, a cominciare dal sottoscritto.

Il dialogo è anche con gli enti locali, che sono i destinatari ultimi dei fondi e che però, soprattutto al Sud, mettono in guardia dallo spostare risorse verso altre destinazioni, pur di salvare il Pnrr: che ne pensa?

Penso che bisogna costruire un’alleanza di sistema con le opposizioni e con gli enti locali, questo lavoro lo sta facendo bene il ministro Fitto e quindi sono ottimista. Poi è ovvio che per stare nei termini del 2026 bisognerà rinunciare a fare la lista della spesa e a distribuire provvidenze in maniera settoriali e corporativa. Insomma, meno fiere di paese e più progetti remunerativi. Il debito per essere sano deve avere una remunerazione, cioè occorre investire su cose che portino punti di Pil e rendano sostenibile il debito.

Se sul Pnrr l’opposizione è pronta a tendere una mano alla maggioranza, sul tema immigrazione la critica è molto dura, soprattutto dopo i fatti di Cutro: come si può arrivare a parlare a una sole voce in Europa come sistema paese?

In realtà la convergenza già c’è perché, diciamolo francamente, siamo tutti convinti che la chiamata all’Europa debba essere corale e non venire solo dalla maggioranza. L’Italia resta la porta verso l’Europa e sappiamo che questa sarà varcata e talvolta violata con numeri importanti nei prossimi mesi. Ma è altrettanto vero che gli equilibri politici in Europa stanno cambiando. Se la sinistra perde persino in Svezia significa che il vento che ha soffiato nelle vele della Meloni in Italia non era una perturbazione locale ma l’effetto di un nuovo paradigma di centrodestra che sta investendo l’intera Europa.

Da questo punto di vista quale ruolo avranno Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi nel tentativo di alleanza tra Conservatori e Popolari dopo le Europee?

Berlusconi mi ha lasciato l’assicurazione che sarebbe vissuto 120 anni e non rinuncio al diritto ad esigere quella promessa. Quindi sarà a lungo tra noi e alla guida del movimento che tanto sta dando al successo del centrodestra. Detto ciò, senz’altro su questa strada giocheranno un ruolo importante sia Giorgia Meloni, che è la leader dei Conservatori europei, sia Berlusconi, che è una delle persone più importanti del Ppe e assieme alla Merkel rappresenta la memoria storica di quella famiglia europea.

Eppure sull’Ucraina Berlusconi e Meloni hanno espresso posizioni ben diverse, praticamente opposte…

Sono sfumature comunicative ma sia i governo di Berlusconi che quello di Giorgia Meloni hanno avuto la medesima linea di politica estera. Non dimentichiamo che ministri degli Esteri dei governi Berlusconi sono stati Fini, Martino, Ruggero e da ultimo Frattini. Cioè figure che hanno assicurato la posizione filoatlantica e filoeuropea dell’Italia.

Un altro tema che va di pari passo con il Pnrr è l’ambiente: crede che il governo riuscirà a portare a termini gli obiettivi prefissati per portare il paese verso la transizione green?

Intanto vorrei specificare che su questa materia non siamo negazionisti, tant’è che io stesso guido un movimento chiamato Verde è popolare. Per la prima volta il centrodestra ha un partito ambientalista nell’alleanza, che siamo noi. Ma specifico che non siamo nemmeno massimalisti. La differenza con i Verdi di sinistra è che loro hanno un’agenda massimalista centrata sul mantra di una serie di cose neanche scientificamente verificate, come l’adorazione dell’elettrico, la criminalizzazione del nucleare. Noi siamo verdi alla maniera dei tedeschi, che sono produttivisti, imprenditoriali e liberali.

A proposito di liberali, che ne pensa della nuova veste di Matteo Renzi come direttore de Il Riformista?

Che un politico diriga un giornale capita. Io ho diretto il Popolo e la Discussione quindi nulla di nuovo sotto il sole. Ma rispetto a Renzi ho una cosa in più, e cioè che sono stato due volte successore di Mattarella, prima alla direzione del Popolo e poi alla presidenza del comitato per la legislazione alla camera. La terza la vedo più difficile, ma non mettiamo limiti alla provvidenza. Detto questo quindi non è una novità ma una genialità, perché sono sicuro che farà il direttore in modo pirotecnico.