Non solo Iva e taglio dei parlamentari. I fronti aperti di Luigi Di Maio vanno oltre le mediazioni con gli alleati di governo, i pericoli maggiori per il capo politico si annidano tra i banchi del Movimento 5 Stelle. Il malcontento per la gestione verticistica del partito non è affatto sfumato con la presentazione del documento dei 70 dissidenti al Senato. La fronda anti Di Maio aspetta ancora un passo indietro del leader, o almeno la creazione di un organismo decisionale ampio che renda più partecipata la direzione politica del Movimento. Sia alla Camera che al Senato, il fronte dei delusi si allarga, mettendo insieme anime apparentemente irriducibili: filo- leghisti ( alla Michele Giarrusso), fichiani ( alla Luigi Gallo), ex ministri esclusi ( alla Barbara Lezzi) e ammiratori di Giuseppe Conte ( alla Sergio Puglia). Tutti mossi da un unico obiettivo: ridimensionare i poteri di Luigi Di Maio.

La parola “scissione” non è all’ordine del giorno, per il momento, ma le voci di un incontro imminente tra “malpancisti”, per contarsi, vengono confermate da più di una fonte grillina. Il capo politico sminuisce i retroscena, confidando soprattutto sulla variegata composizione del fronte “ribelle”, troppo eterogeneo per organizzarsi, ma teme di perdere pezzi per strada. Qualcuno, non soddisfatto dal nuovo corso, potrebbe ancora cedere allo scouting mai interrotto della Lega, altri, potrebbero abbandonare il Movimento per approdare nel gruppo ogni giorno più numeroso di Italia Viva, senza abbandonare la maggioranza.

Ma a preoccupare maggiormente Di Maio sono le indiscrezioni sulla nascita del “partito di Conte”, una sorta di gruppo nel gruppo che risponde però a dinamiche e indicazioni autonome. Un soggetto che «nascerebbe con la benedizione di Davide Casaleggio e Beppe Grillo», confida un grillino, «che non si fidano più ciecamente del capo politico». Del resto, proprio nelle ore della strana alleanza Renzi- Di Maio sull’Iva, lo stesso Conte potrebbe favorire un processo di “indipendeza” grillina dal ministro degli Esteri per non finire sotto scacco.

Il capo del govero, unico leader capace di contendere il trono a Di Maio, non si fida più. I “contiani”tra cui si potrebbero iscrivere Barbara Lezzi, Giulia Grillo e, in potenza, Danilo Toninelli potrebbero decidere di attivarsi qualora dal leader pentastellato non arrivassero i segnali di apertura richiesti. A partire dalla neutralità del capo nella selezione dei nuovi capigruppo di Camera e Senato. Il numero uno del Movimento assicura che non indicherà alcun nome a lui gradito. A Palazzo Madama il sostituto di Stefano Patuanelli, nel frattempo promosso al Mise, dovrebbe essere eletto l’ 8 settembre.

A contendersi la carica, ben cinque senatori: l’ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli ( molto amareggiato per il declassamento ma dato in pole position), il vice capogruppo uscente Gianluca Perilli, l’ex sottosegretario allo Sviluppo Stefano Cioffi, Marco Pellegrini e Stefano Lucidi. Alla Camera, invece, la sfida è a tre: tra Anna Macina, Francesco Silvestri e Raffaele Trano. Ai vincitori toccherà un compito arduo, mantenere compatti i gruppi, convincendo Di Maio a offrire le concessioni richieste della base parlamentare: modifica dello Statuto e revisione dei poteri del capo. In caso contrario, il “partito del premier” potrebbe entrare in azione, subito dopo le Regionali umbre.