Dopo aver ufficializzato il suo voto personale a Stefano Bonaccini, Paola De Micheli parla ora della necessità di «innovazione ed evoluzione» per il Pd e spiega che «un minuto dopo le primarie dovremo tenere unito questo partito il più possibile». E poi annuncia che pensa «all’unità come cifra del comportamento di tutti e tutte, che non è unanimismo ma l’autenticità di provare a remare tutti dalla stessa parte».

Onorevole De Micheli, lei ha espresso il suo voto a titolo personale a Stefano Bonaccini: cosa si aspetta dalle primarie di domenica?

Innanzitutto spero che ci sia una buona affluenza e che gli elettori del Pd siano presenti ai gazebo. In secondo luogo mi auguro che si generino le premesse per la ricostruzione della nostra casa comune. Abbiamo un bisogno urgente di più presenza nella società e più innovazione nelle proposte. Quello che ci chiedono le persone è una riforma del partito ma anche un colpo di reni in termini di ruolo da svolgere nella società. Questo è quello che ci chiede la gente: in questo viaggio lungo tre mesi ho capito come serpeggi un po’ di nostalgia soprattutto nelle grandi città.

Rispetto a cosa?

Nostalgia rispetto a una certa purezza dei partiti del passato. In realtà credo che per essere attrattivi nei confronti degli elettori sia necessaria una vera svolta rispetto al passato. Il problema non è stato stare al potere ma usare il potere per fare manutenzione ordinaria e non e non innovazione e trasformazione. Bisogna uscire dall’aridità che ci ha caratterizzato ed entrare nella modernità di un mondo che è in evoluzione.

Non crede che per contrastare la destra al governo sia invece necessaria questa “purezza” che chiedono i militanti?

Attenzione: io sono assolutamente favorevole alla radicalità, ma rifuggo la nostalgia. La radicalità deve essere interpretata nel mondo nuovo di una sinistra nuova ed innovativa. Mentre ricostruiamo la casa comune, mentre ci diamo nuove regole e rispetto reciproco, dobbiamo proporre alle persone una società nuova. Lo possiamo fare solo noi perché la sinistra è trasformazione e anche per questa ragione ho lasciato liberi i miei sostenitori di appoggiare chi ritengono più idoneo.

Però ha ufficializzato il suo voto per Bonaccini.

Esatto, il mio voto personale per Bonaccini è figlio del fatto che credo si possano generare con lui le novità di cui abbiamo bisogno. Ad esempio sul lavoro. I nostalgici si dividono tra chi ha votato oppure no il jobs act, mentre la modernità è scrivere un nuovo statuto dei lavoratori e sperimentare la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Abbiamo cinque milioni di partite iva: è evidente che quando parli di lavoro loro devono avere nuovi diritti e nuovi doveri.

Cos’altro la convince della mozione Bonaccini?

Alcune assonanze sulla transizione ambientale. Noi proponiamo interventi pubblici come la difesa dello strumento del credito d’imposta, che è l’unico che ci consente di affrontare concretamente l’efficientamento energetico degli immobili privati. Le nostre proposte si basano sull’ecologia integrale di papa Francesco, per cui l’uomo e il pianeta si salvano insieme. Approccio equilibrato e concreto che ha bisogno dell’intervento pubblico, cosa che non è stata fatta quando è arrivata la globalizzazione.

Cosa si aspetta in caso di vittoria di Bonaccini?

Voglio solo essere utile. La dichiarazione di voto personale per Bonaccini è legata alla mia candidatura nella prima fase congresso. Ho espresso opinioni su tutto in questi tre mesi e quindi non posso sottrarmi dal dire cosa voto ora che ci sono due candidati alle primarie. Noi vogliamo solo essere utili alla ricostruzione della casa comune, alla quale sono certa lavorerà anche Cuperlo, che ha avuto un ottimo risultato.

Dopo questa campagna congressuale crede ci sia ancora spazio per la ripartenza del Pd così come lo abbiamo conosciuto finora?

Certamente. Il nostro zoccolo duro c’è e rappresenta il punto di partenza per il nostro partito. È per questo che ho insistito molto sul ruolo degli iscritti, dei militanti, di chi mette soldi propri per tenere aperte le sedi di partito. Parlo espressamente di iscritti e dirigenti che con proposte innovative e una nuova organizzazione proveranno tutti i giorni a convincere quei nove milioni e mezzo di italiani che nelle ricerche sociologiche si definiscono di sinistra.

Pensa che dovrebbero cambiare le regole per l’elezione del segretario del Pd?

Penso che questa modalità era prevista in un tempo molto diverso, cioè quando il segretario del partito era il candidato premier con un partito a vocazione maggioritaria che aveva ottenuto dodici milioni di voti. Ho proposto una modalità in cui il voto degli iscritti vale doppio e quello degli elettori vale uno. Questo ci consente l’apertura ma con un voto più pesante da parte degli iscritti. Il voto degli iscritti d’altronde è molto più di un sondaggio: 150mila votanti ci danno un’idea chiara di quello che pensano anche gli elettori.

In questa partita Schlein ha rivendicato la sua politica “femminista”. Che ne pensa?

Ho grande rispetto di Elly Schlein. Anche la mia candidatura era femminista e militante, ma un minuto dopo le primarie lavorerò affinché il partito sia unito. Non penso a eventuali scissioni ma credo che l’aspirazione all’unità dovrà essere la cifra del comportamento di tutte e di tutti. Non l’unanimismo ma l’autenticità di provare a remare tutti dalla stessa parte.