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Urso Copasir Russia
È tutto pronto al Copasir per l’audizione di oggi del sottosegretario con delega alla Sicurezza Franco Gabrielli, che riferirà sui dossier statunitensi legati ai 300 milioni che la Russia, secondo l’intelligence Usa, ha versato nelle casse dei partiti di almeno venti paesi nel mondo. Gabrielli è uomo fidato del presidente del Consiglio, Mario Draghi, che ieri ha sentito al telefono il segretario di Stato di Washington, Anthony Blinken. I due hanno parlato del conflitto in Ucraina, certo, ma hanno affrontato anche la questione dei fondi russi. Blinken ha sottolineato «l’importanza di mantenere la solidarietà e la resilienza di fronte agli sforzi della Russia di utilizzare l'energia e altri mezzi per dividere i paesi che sostengono l’Ucraina», ringraziando Draghi «per la sua guida esemplare in uno dei periodi più difficili della storia recente». Che ora si arricchisce di un quesito ancora tutto da chiarire. Anzi, più di uno. Il primo: tra i paesi citati nel dossier, c’è o non c’è l’Italia? Il secondo: insomma, ci sono o meno partiti nostrani che hanno preso soldi da Mosca dal 2014 a oggi? Sono queste le domande che verranno poste a Gabrielli e alle quali, in parte, si è già cercato di rispondere. Si sa, ad esempio, che il nostro paese non compare nel primo dossier, quello arrivato qualche mese fa sulla scrivania del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e ancora top secret. Ma si sa anche che esistono altri due report, uno dei quali stilato nel 2020 e reso pubblico in cui si fa riferimento ai legami tra la Lega di Matteo Salvini e Russia Unita, il partito di Vladimir Putin. «Ci sono comportamenti pubblici che inducono sospetti - ha detto la vicepresidente del Copasir, Federica Dieni - Del resto, la vicinanza a Putin di alcuni leader politici è evidente: e qualcuno ritiene plausibili interferenze russe in Italia, evidentemente non c'è chiarezza». Ma la deputata di Italia viva ha anche sottolineato che una commissione d’inchiesta per verificare l’esistenza di finanziamenti russi ai partiti italiani «si può fare certamente, ma si possono anche dare maggiori poteri al Copasir, che al momento non ha potere di indagine ma solo di controllo». E visto che manca una settimana alla fine della campagna elettorale il tema non può che assumere primaria importanza nel dibattito tra i partiti. «Il presidente Draghi ha sentito il segretario di Stato americano Blinken e continueremo con gli alleati lo scambio di informazioni», ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Che poi ha provocato Salvini. «Nel 2018 c’era stato un tentativo da parte della Lega di mettere nella legge anticorruzione “Spazzacorrotti” una norma che permettesse sostanzialmente di ricevere finanziamenti da Paesi esteri o da personalità estere per i partiti - ha aggiunto - Allora io chiedo a Salvini di confrontarci: perché volevi una norma che consentisse a personalità estere o a governi esteri di finanziare i partiti italiani?». La risposta del numero uno del Carroccio non si è fatta attendere. «Ma secondo voi io mi ricordo di un emendamento del 2018? - si è difeso l’ex ministro dell’Interno - La legge impedisce di avere soldi dall’estero, punto: il problema degli italiani è il lavoro, non gli emendamenti bocciati nel 2018». Definendo poi Di Maio come un politico che ha «credibilità zero». A difendersi dalle accuse di filoputinismo, legate principalmente alla linea politica che prevede di non inviare armi a Kiev, è il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte. «Il M5S fa della trasparenza la sua virtù - ha sottolineato l’ex presidente del Consiglio - Non abbiamo nulla a che vedere con questa storia e dico anche: maneggiamola con cura e non buttiamo illazioni sul terreno di una campagna elettorale delicata e complessa». E se il Pd chiede di «fare chiarezza» perché ci sono «troppe parti nella commedia», chi butta la palla in tribuna è il leader di Italia viva, Matteo Renzi. «Credo che questa roba, a dieci giorni dalle elezioni, lasci qualche perplessità - ha commentato - Se c'è qualcosa da dire lo dicano: io ho scritto che i russi influenzarono il voto su Brexit e sul nostro referendum del 2016, ma, appunto, l’ho detto». Tra qualche ora (forse) sapremo qualcosa di più.