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GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Ci sono leggi che vengono fatte molto più nella speranza di un ritorno d'immagine mediatico che non in quella di reale efficacia. Nella tradizione politica italiana non sono poche e in nessun campo abbondano come in quello che va sotto il nome “sicurezza”. Difficile spiegarsi altrimenti la proposta di legge presentata dal capogruppo alla Camera di FdI Bignami, con in calce firme pesanti come quella di Fabio Rampelli e del sottosegretario alla Giustizia Delmastro. È appena il caso di segnalare che il primo firmatario e il potente sottosegretario sono ragazzi di fiducia della premier: nemmeno immaginabile che abbiano deciso senza consultarsi prima con la leader assoluta.
La proposta si compone di un solo articolo che andrebbe a modificare l’art.335 del Codice Penale. Delega al pm, in caso di notitia criminis nella quale si possano ravvisare gli estremi della giustificazione legale come ad esempio la legittima difesa, il compito di accertare l’esistenza di quella giustificazione e nel caso evitare l'iscrizione nel registro degli indagati.
È vero infatti che l’iscrizione non implica affatto che poi si proceda con rinvio a giudizio ma l'indagato, argomenta Bignami nel testo, viene comunque esposto «a una vera e propria gogna mediatica» e a «un ingiustificato calvario giudiziario». Ciò è tanto più vero, ci tiene a specificare la proposta di legge, quando l'indagato appartiene alle forze dell'ordine, dal momento che in questo caso l’iscrizione è «un atto dovuto anche in relazione a fatti commessi nell'esercizio delle funzioni».
La specifica chiarisce la ratio del ddl, che ha valore generale ma mira in realtà a offrire uno scudo agli agenti che finiscono sotto indagine per possibili crimini commessi in servizio ma giustificati in termini di legge dalle circostanze.
Era un passaggio che il governo aveva pensato di inserire nel decreto Sicurezza nello scorso aprile, salvo poi desistere di fronte ai dubbi del capo dello Stato. Ora la destra torna alla carica, sperando di aver depotenziato gli appunti del Colle assegnando alla legge valore generale, anche se in concreto finirà per riguardare solo gli agenti di polizia. In tutti gli altri casi, infatti, il pm preferirà comunque accertare le circostanze dell'eventuale crimine.
In realtà, però, nella stragrande maggioranza dei casi l’indagine andrà avanti anche se sarà coinvolto il personale delle forze dell’ordine. È infatti molto raro che un caso sia tanto lampante da non richiedere approfondimenti più corposi di quelli possibili in una settimana, il termine entro il quale secondo la proposta il pm deve decidere se procedere o meno all'iscrizione nel registro degli indagati. Se ci si limita all'impatto concreto della legge, di conseguenza, diventa difficile spiegarsi perché FdI voglia andare avanti nonostante il parere di Mattarella per un provvedimento che riguarderà nella migliore delle ipotesi pochissimi casi.
Il discorso però cambia e la spiegazione della scelta diventa evidente se si considerano l’effetto mediatico che i tricolori si propongono di raggiungere e il momento nel quale viene presentato il ddl. Per FdI, come per la stessa Lega, la riforma della giustizia, amplificata al massimo dalla campagna referendaria, comporta un rischio in più oltre a quello ovvio di una cocente sconfitta nelle urne: quello di scontentare la parte più giustizialista e sempre schierata con le forze dell'ordine del proprio elettorato.
FdI non è Forza Italia, partito che dopo le eterne traversie del fondatore e capo assoluto Silvio ha ormai inscritta nel dna l'ostilità verso il potere togato. Molti elettori del partito della premier sarebbero al contrario spontaneamente portati a parteggiare per i pm, a maggior ragione se si tratta di pm-sceriffi come il testimonial del no al referendum Gratteri. La proposta serve soprattutto a rassicurare quegli elettori, dimostrando che il partito erede del Msi non è cambiato, non è diventato il partito degli imputati e degli avvocati, si identifica senza margini di incertezza con le forze dell'ordine. Insomma, anche con la riforma non è che sia diventato garantista, parola che per buona parte di quella base equivale più o meno a un insulto.
È possibile che una intenzione del genere fosse anche presente nell'annuncio del decreto sfratti. Tuttavia il cdm non ha messo quella voce all’odg, nonostante appunto i rumorosi annunci. A differenza dello scudo quel provvedimento avrebbe un effetto terremotante in un momento di piena emergenza abitativa come questo e forse è questa la ragione del colpo di freni. A molti senza dubbio quel decreto piace ma a molti altri assolutamente no e tra questi ultimi non ci sono solo elettori di sinistra.


