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Il fuoco incrociato contro il sottosegretario all’Economia, il leghista Claudio Durigon, non dà cenni di tregua. Le dimissioni di Durigon, che ha chiesto di rimuovere l’intitolazione del parco “Falcone-Borsellino” di Latina ai giudici per concederla ad Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, sono ormai chieste da gran parte del Parlamento, sia dalle forze di centrosinistra sia da parte del centrodestra. La Lega, al momento, fa muro, ma l’impressione è che lo stesso segretario, Matteo Salvini, stia pensando a come risolvere la questione. Secondo il deputato dem Emanuele Fiano «Durigon non è degno di restare al governo» perché «sulla nostra storia non si scherza», mentre per Loredana De Petris, capogruppo di LeU al Senato, «Durigon dovrebbe rendersi conto da solo della situazione dimettendosi e immagino che lo stesso presidente del Consiglio non potrà che spingerlo in questa direzione». Per la senatrice «senza un suo passo indietro, la mozione di sfiducia sarà inevitabile e doverosa». Il riferimento è alla proposta di mozione di sfiducia annunciata dal Movimento 5 Stelle e riproposta in queste ore, anche se l’atto di sfiducia nei confronti di un sottosegretario non ha precedenti. «Se si chiede agli abitanti di Latina, quello spazio verde era conosciuto come il parco comunale o meglio “i giardinetti” - spiega deputato M5S del Lazio, Marco Bella, a seguito di un incontro con gli attivisti locali del Movimento 5 Stelle di Latina - Era il “parco Mussolini”, di fatto, solo nell’immaginario di qualche nostalgico di un regime dittatoriale e il nostro presidente Giuseppe Conte a nome del Movimento ha ribadito che se Durigon proprio lo desidera potrà battersi pure per questo suo progetto, ma dimettendosi immediatamente dall’incarico di sottosegretario di Stato, che richiede ben altri proponimenti». Dal Movimento si fa strada anche la voce dell’ex capogruppo a Montecitorio, Francesco D’Uva, il quale spiega che «Durigon dovrebbe chiedere scusa ai familiari di Falcone e Borsellino e di tutte le vittime della mafia e lasciare il posto nelle istituzioni». Attacca invece Salvini, ma anche il presidente del Consiglio Draghi, il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, secondo il quale il numero uno della Lega «è afono su questa questione, mentre parla di tutto», ma anche l’inquilino di palazzo Chigi «risulta non pervenuto». Il sottosegretario, dopo aver definito quasi una settimana fa «sterile» la polemica e aver dichiarato che «mai e poi mai» metterebbe in discussione «il grande valore del servizio prestato allo Stato dai giudici Falcone e Borsellino, non risponde alle nuove accuse e si trincera dietro un religioso silenzio. La novità, rispetto agli scorsi giorni, è che la pressione si sta facendo sempre più alta non solo su di lui e sulla Lega, ma anche sul governo e, di conseguenza, su Draghi. Pressione che arriva anche da chi, come il Pd, si è sempre dichiarato primo sostenitore dell’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce ma ora chiede spiegazioni. «Durigon ha detto cose che lo rendono indegno di far parte di un Governo della Repubblica - commenta Nicola Oddati, della dirigenza dem - Si dimetta o venga rimosso». E dopo che Maurizio Verona, sindaco di Sant’Anna di Stazzema, teatro di uno dei più efferati eccidi nazifascisti, ha definito la proposta di Durigon «uno sfregio alla Repubblica», la petizione lanciata dal Fatto perché il sottosegretario lasci il suo incarico ha oltrepassato le 10mila firme.