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Salvini ci prova. Sale al Colle, propone un governo di unità nazionale per arrivare al voto. Solo che non intende pochi mesi ma un anno o giù di lì: si dice otto mesi, infatti, ma con la legge di bilancio in ballo e una situazione economica complessiva tutt'altro che rosea è chiaro in partenza che la data di scadenza slitterebbe.
Per Conte e per il Pd è una proposta inaccettabile. Per Renzi, che la aveva in realtà lanciata per primo, assolutamente no. Forza Italia accorrerebbe. FdI si defilerebbe, ben lieta di marcare la distanza. Ma senza il partito di Zingaretti né i 5S la proposta pare a prima vista assurda, lanciata apposta per farsela bocciare lucrando però sulla figura di ' responsabile'. In parte è davvero una questione d'immagine. Alla fine il leader della Lega deve essersi reso conto di non potersi limitare a chiedere dimissioni di Conte e voto senza azzardare vere mosse politiche, pena il perdere sempre più terreno a favore della ' istituzionale' Giorgia Meloni. Non è un segreto, inoltre, che una parte massiccia del gruppo dirigente leghista, a partire da Giorgetti, tira in questa direzione e il leader non può ignorare la pressione come se non esistesse, senza procedere sia pur molto cautamente, in quella direzione. Infine pesa l'asse di fatto con Renzi, che vuole sì mettere Conte fuori gioco, ma ha bisogno di una sponda per evitare il voto. Però non c'è solo questo, dietro la mossa a sorpresa di Salvini. L'Italia vive sotto due ombre: la prima, il coronavirus, è stata probabilmente esageratamente drammatizzata ma la seconda, la recessione incombente, è in compenso sottostimata sfacciatamente. Era una minaccia molto concreta anche prima dell'arrivo del virus. Oggi è quasi una certezza assoluta anche se il ministro Gualtieri si trincera dietro l'attuale ' impossibilità di fare stime precise senza conoscere l'evoluzione del virus'. Renzi e Salvini scommettono su questo: sull'impossibilità di fronteggiare una vera crisi economica, una fase di recessione e forse qualcosa di peggio, una vera crisi mondiale, con un governo segnato da fragilità strutturale.
In questo senso, almeno per ora, un Conte già in pericolante salute esce fiaccato dalla prima settimana di contagio. Al di là delle immancabili e inevitabili critiche, non è la gestione sanitaria della crisi ad aver indebolito il premier ma quella mediatica, che si è dimostrata disastrosa, sia sul piano del panico interno per non incorrere nell'errore di Salvini, il cui uso propagandistico dell'emergenza è stato troppo palese, sia per verificare come ne sarebbe uscito Conte. In questa situazione, se appena vedrà una possibilità di dare la spallata senza arrivare di certo alle elezioni, che su quello, anche più nevralgico dell'immagine all'estero. Lo stesso Quirinale ha registrato un certo disappunto di fronte a una sovraesposizione mediatica del premier che ha finito per moltiplicare invece che porre sotto controllo la paura.
Il vero elemento critico naturalmente è però la posizione di Iv. Il Coronavirus ha congelato la crisi interna alla maggioranza un attimo prima che esplodesse. Renzi ha abbassato i toni, sia probabilmente lo farà. Qualunque sia la strada che Renzi sceglierà ( sempre che non cambi idea strada facendo) per uscire dalla maggioranza, Conte dovrebbe comunque poter contare sui numeri necessari per restare in sella. Si tratterebbe però di una maggioranza davvero ridotta all'osso e sempre a rischio nella giungla del Senato. Può un governo già fragile affrontare una fase economica che potrebbe rivelarsi molto più difficile delle già non rosee previsioni?
In tutta evidenza è sulla ovvia risposta a questa domanda che scommettono sia Renzi che Salvini.
Ma molto, se non tutto, dipenderà dalle prossime due settimane. Se l'emergenza sanitaria sarà circoscritta e quella economica si attenuerà, le possibilità di arrivare alla crisi, evitando il voto, diventeranno quasi inesistenti e le armi di Renzi e Salvini risulteranno spuntate. In caso contrario, però, per il Pd sarà molto meno facile di quanto non appaia oggi sottrarsi alle sirene di un governo istituzionale, tanto più se Draghi dovesse dare la sua disponibilità a presiederlo in attesa di presiedere l'intera Repubblica.