Si definisce «chiaro e netto per amore del Movimento e non per arroganza» Giuseppe Conte, ex presidente del Consiglio e (forse ex) leader in pectore del Movimento 5 Stelle. Lo dice in una conferenza stampa in cui, per una volta senza troppi giri di parole, attacca il fondatore Beppe Grillo, accusandolo di essere ancorato a vecchie ambiguità e di non volere il cambiamento di cui, secondo Conte, il M5S necessità. «La mia azione politica è sempre stata ispirata dalla trasparenza e in questi quattro mesi ho studiato tanto, compresi gli statuti degli altri partiti e di movimenti vari, anche stranieri - ha detto Conte - Ho capito che occorre mantenere salde le radici sul piano dei valori ma aprirsi coraggiosamente a una fase di forte rinnovamento». Secondo l'ex inquilino di palazzo Chigi «non ha senso imbiancare una casa che necessita di una forte ristrutturazione», mentre «Grillo pensa che vada tutto bene così salvo alcuni aggiustamenti». Il ragionamento di Conte viaggia su due corsie: una politica, in cui spiega che il Movimento rischia di entrare in una fase di declino; una personale, che descrive con la metafora del cuore e delle testa in cui il primo direbbe di sì ma la seconda «non riesce a impegnarsi in un progetto in cui non crede». Conte spiega di metterci la faccia, avendo in quattro mesi recuperato i dati degli iscritti ed elaborato uno statuto «degno di un'organizzazione politica importante». Ma attacca Grillo quando dice che «alcune sue osservazioni creano confusione di ruoli» e invoca un voto online degli iscritti, dopo il quale non si accontenterà di una risicata maggioranza, per capire se il nuovo statuto e di conseguenza la sua leadership sono ben voluti o meno dal popolo M5S. «Rivolgo un appello a Grillo: non è una questione personale e non ho mai chiesto le sue pubbliche scuse - ha aggiunto - Lui sa bene che ho sempre avuto rispetto ma ora deve decidere se essere un genitore generoso che vede crescere il proprio figlio o un padre padrone che non gli lascia la possibilità di emanciparsi». E, spiegando che il capo politico previsto dal nuovo statuto sarà «a scadenza», conclude dicendo che «non possono esserci mediazioni» ma «serve una leadership forte e solida».