Che cosa sarà precisamente “Altra Italia” è ancora presto per dirlo.

La definizione “federazione di moderati” e i pochi cenni elargiti sul suo ruolo non aiutano a fare chiarezza su rotta, intenti e destino della nuova formazione politica che esce dal sempre gravido di sorprese cilindro magico di Berlusconi.

La sensazione, il timore dei quadri e dei dirigenti del partito azzurro - ti- more abbastanza fondato secondo fonti interne a Forza Italia - è che l’operazione del Cavaliere costituisca il tentativo di trasformare Forza Italia in una bad company di “Altra Italia” che invece dovrebbe diventare l’arca di Berlusconi e un pugno di fedelissimi per sottrarsi ai rigori del diluvio elettorale che sembra ormai incombere fatalmente sul partito azzurro. Le proporzioni di Forza Italia sarebbero infatti ormai ridotte a un 5% dei consensi: una forza residuale sul piano politico nazionale.

La dismissione di Forza Italia d’altra parte era cominciata qualche mese fa quando Berlusconi di fronte all’agitarsi, di Giovanni Toti e Mara Carfagna – il primo con tentazioni sovraniste, la seconda con mire centriste – aveva azzerato i coordinatori riprendendo anche formalmente quei pieni poteri che in realtà non aveva mai cessato di esercitare anche durante i mesi in cui nel partito ferveva il dibattito aperto e si ventilava l’ipotesi di primarie per rendere contendibile la premiership azzurra. Una stagione finita col triplice fischio berlusconiano che aveva sancito la fine della ricreazione per chi aveva davvero creduto che il Presidente facesse il fatidico passo indietro.

“Altra Italia” sarebbe dunque la prosecuzione dell’operazione di chiudere qualsiasi spazio a tentativi di protagonismo interno a Forza Italia da parte di soggetti che negli ultimi anni si sono ritagliati un profilo politico autonomo. Tornando a comparire come elemento del centrodestra Berlusconi ha di fatto ha chiuso la strada al governatore ligure Giovanni Toti attirato da un’intesa coi sovranisti attraverso il movimento scissionista Cambiamo. Dall’altro aprendo a opzioni moderate e centriste – e “Altra Italia” va esattamente in questa direzione – il Cavaliere diventa l’interlocutore principale di chi voglia costruire un asse moderato con la sua nuova formazione, sottraendo con questa mossa a Mara Carfagna il ruolo che ha cercato di ritagliarsi, seppure discretamente, nell’ultimo anno.

Da quando cioè cominciò a ragionare proprio con Renzi e Calenda di una Margherita 2.0. “Altra Italia” mira dunque a diventare la federazione di quei movimenti moderati e centristi che negli anni si sono moltiplicati generando una galassia che non è considerevole ma che in tempi di frantumazione del quadro politico è tuttavia significativa. Al centro ci sono la Dc di Gianfranco Rotondi e il Nuovo Psi, Stefano Parisi e Saverio Romano, ma al centro domiciliano ormai anche Matteo Renzi e Carlo Calenda.

Tutti al centro, nell’idea che sia questo il luogo privilegiato per intercettare quel voto moderato per ora orfano di rappresentanza e soprattutto per vincere la partita delle prossime elezioni, nella previsione e nell’auspicio che la riforma elettorale darà alla luce una legge proporzionale. Dove ognuno conta e conta soprattutto se sta al centro.

Comunque vada Berlusconi ha due carte da giocare al tavolo politico cangiante come forse non è stato mai: la sua infatti è una puntata doppia sul rosso e il nero insieme. In caso di necessità di apparentamento con i sovranisti il Cavaliere giocherebbe la carta della necessità per Salvini e Meloni di avere in Forza Italia una copertura moderata, un partito garante delle tradizionali alleanze internazionali e dei rapporti con l’Europa. Una necessità vitale dopo la stagione del governo gialloverde, dove certi equilibri sono stati messi maldestramente in discussione. In caso di spostamento al centro Berlusconi avrebbe invece pronta l’arca di “Altra Italia”, soggetto che potrebbe funzionare da cardine di un’alleanza centrista aperta alla possibilità di una saldatura anche con il movimento Italia Viva di Renzi.

E questa sarebbe la prospettiva più realistica se il governo dovesse procedere con la riforma elettorale nella direzione che sembra ormai la più plausibile, ossia un proporzionale puro con soglia di sbarramento al 4%.

Se poi invece la spuntasse la Lega con il referendum per il maggioritario con collegi uninominali ecco che daccapo Berlusconi avrebbe di nuovo l’opzione di acquartierarsi a destra in un’ottica di nuovo bipolarismo.

Un’operazione lucida dunque quella del Cavaliere che tuttavia segna il tramonto ufficiale della mission di Forza Italia che così conclude la sua parabola più che ventennale sulla scena politica del paese. Un tramonto lento ma inarrestabile a cui Berlusconi vuole però sottrarsi. “Altra Italia” sembra così rispondere anche a una mozione psicologica: quella di fuggire il più lontano possibile dalle cose che finiscono. «Il mio successore verrà fuori da “Altra Italia”» ha detto Berlusconi così certificando i timori dell’intendenza azzurra lasciata sul Titanic di Forza Italia e soprattutto ribadendo che chi lo sostituirà in fondo deve ancora nascere.