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Pd Bonaccini Nardella
La strada di Stefano Bonaccini verso il congresso del Partito democratico passa dal palco del teatro del Sale di Firenze, ospite del sindaco Dario Nardella. Il primo cittadino fiorentino scende apertamente in campo per sostenere la candidatura alla segreteria dem del presidente della Regione Emilia-Romagna, ritenendola una garanzia di unità e di inclusività. «Saprà portare un valore aggiunto per tenere unito il più possibile il fronte dei sindaci - dice Nardella -, e degli amministratori locali. La loro credibilità è un patrimonio che non possiamo disperdere». Per Nardella, obiettivo imprescindibile del congresso dovrà essere una ritrovata collettività che sappia andare oltre le correnti che fino ad oggi hanno diviso il Pd. «Non possiamo più permetterci un altro congresso in cui cambiamo il segretario e non il partito - osserva -, e soprattutto non possiamo credere nuovamente che basti cambiare il vertice per avere una leadership collettiva». Ed è proprio dalla necessità del superamento delle correnti che Bonaccini apre il suo intervento a Firenze: «Io non voglio essere il candidato di nessuna corrente. Il Pd oggi va smontato e rimontato». Correnti che spesso hanno determinato aspre contrapposizioni in seno ai vertici dem, contro i quali Bonaccini punta il dito: «Credo che la nostra gente non ne possa più di risse verbali dentro la classe dirigente del Partito democratico. Serve una nuova stagione, uno stile che metta in campo il rispetto tra di noi sapendo che dovremo far parte della stessa famiglia». La preoccupazione più grande del presidente emiliano è che un clima di divisione, anche dopo il congresso, possa finire per ridimensionare il peso del partito soprattutto nella prospettiva di un’opposizione che si annuncia lunga e impegnativa. «Non temo che finisca il Pd - spiega -. Ho invece il timore che diventi un partito irrilevante nell’Italia e nella politica italiana. Che pesi poco, che sia sempre costretto al traino degli altri». Lo spettro di possibili scissioni post-congressuali, nonostante le rassicurazioni dei candidati, è concreto, e alla vigilia della kermesse del Monk di Roma, in cui Elly Schlein dovrebbe annunciare ufficialmente la corsa alla segreteria, Bonaccini ribadisce la sua fedeltà al progetto del Pd al di là di chi ne assumerà la guida: «Chiunque vinca deve pretendere che il giorno dopo gli altri diano una mano e giochino come se si fosse tutti un solo uomo. Ci si toglie le magliette di schieramento indossate durante la campagna congressuale e s’indossa la maglietta del Partito democratico». Quindi annuncia un tour che partirà il prossimo 10 dicembre da Bari: «Vogliamo toccare almeno 100 città - dice Bonaccini -, non solo i capoluoghi ma anche comuni medi e piccoli che rischiano di sentirsi dimenticati e abbandonati dalla politica dalla montagna alla località di mare che vogliono sentirsi rappresentarsi». Una campagna congressuale che si annuncia impegnativa, dunque, e che Bonaccini sceglie d’improntare al dialogo con altri candidati. Tra tutti Matteo Ricci. «È un amico - dice -. Ci conosciamo da tantissimi anni. Veniamo da partiti che hanno cambiato ogni tanto il nome ma la provenienza è quella. Vedremo, se vorrà ragionare io ci sono». Infine un passaggio sulle difficoltà di coesione e il calo di popolarità che attraversa i partiti d’opposizione: «Il Movimento 5 stelle ha più che dimezzato i voti. Il Terzo polo ha preso la metà dei voti del Pd - spiegaBonaccini -. Io ho grande rispetto per entrambe le forze politiche e mi auguro vogliano condividere con noi una stagione di opposizione credibile e non sguaiata. Ma mi pongo poco il problema. Una volta che avremo definito la nostra identità, tutti dovranno fare i conti con noi. Discuteremo a tono e nel merito di quello che dovremmo fare».