Martedì 23 Dicembre 2025

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Manovra, ok del Senato. Giorgetti : «Salvini ? Gli porterò il carbone...»

Il testo è passato con 110 voti favorevoli, 66 contrari e due astenuti. Eliminata in extremis la discussa norma “salva-imprenditori” sugli arretrati degli stipendi

23 Dicembre 2025, 19:08

19:36

Giorgetti e Salvini

Tutto è bene, quel che finisce bene. O quasi, perché l'approvazione della legge di bilancio al Senato, previo voto di fiducia, qualche tossina nella Lega l'ha lasciata. I numeri scandiscono l’ultimo passaggio prima della pausa natalizia: 113 sì, 70 no e 2 astenuti sulla fiducia posta dal governo sul maxi-emendamento; 110 voti favorevoli, 66 contrari e 2 astenuti sul via libera definitivo.

La manovra da circa 22 miliardi passa ora alla Camera, ma la giornata di Palazzo Madama racconta molto più di un dato contabile. Racconta una maggioranza che tiene sul piano parlamentare, ma che lascia affiorare nervature interne sempre meno mimetizzabili. L’Aula ha vissuto ore frizzanti ma senza mai superare il livello di guardia. Il clima, comprensibilmente, è stato quello delle grandi occasioni, ma anche delle scadenze forzate, con il tempo che stringe e la necessità di chiudere prima della pausa natalizia.

Le opposizioni hanno inscenato proteste plateali, con cartelli esibiti in modo coordinato da Pd, Movimento 5 stelle e Avs: “Voltafaccia Meloni” campeggia su accuse che vanno dalle accise alle pensioni, dalla sanità alla pressione fiscale. Il presidente Ignazio La Russa ha richiamato all’ordine, e tutto è rientrato in breve tempo. Gli interventi sono stati molto duri, a tratti sarcastici, e fuori dall’Aula il confronto è proseguito a colpi di dichiarazioni, post e accuse reciproche, in una giornata politicamente logorante.

Ma la scena che ha catalizzato l’attenzione è stata tutta interna alla maggioranza. Matteo Salvini entra in Aula, chiede ad Adolfo Urso di cedergli la sedia e si accomoda accanto al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Tra i due parte un fitto conciliabolo: documenti mostrati, passaggi indicati, pagine sfogliate con attenzione mentre vanno avanti le votazioni. Un dialogo che non appare né casuale né rituale, e che prosegue a lungo sotto lo sguardo dei senatori e dei cronisti, diventando uno dei segnali politici più osservati dell’intera giornata parlamentare.

Un’immagine che corrobora il retroscena di una manovra arrivata in porto tra strappi, ripensamenti e correzioni dell’ultimo minuto, dopo lo stralcio di cinque norme su cui erano emersi i rilievi del Quirinale. Un percorso accidentato, segnato da tensioni su pensioni, coperture e priorità politiche, che ha costretto il governo a continue mediazioni interne fino alle ultime ore utili, con una trattativa serrata che ha lasciato scorie evidenti nei rapporti tra i protagonisti della maggioranza.

Davanti ai cronisti, Salvini ha minimizzato e negato. «Nessun gelo», ha assicurato, rivendicando di aver fermato indicazioni tecniche che avrebbero inciso su lavoratori e pensionati. Tutto risolto, tutto chiarito, tutto archiviato. Una smentita così perentoria da risultare quasi ridondante, come se servisse a coprire più di quanto dica. Il leader leghista ha rilanciato sulle sue battaglie identitarie e sul Ponte, rivendicando un risultato politico che, a suo dire, avrebbe corretto l’impostazione iniziale del ministero dell’Economia e riequilibrato il testo finale.

Giorgetti, invece, ha scelto un registro diverso. Rivendica la solidità complessiva della manovra, sottolinea le misure su salari e produttività, ricorda che molte delle richieste avanzate dalle imprese hanno trovato risposta. Poi scherza, parlando di carbone sotto l’albero da consegnare al vicepremier. Una battuta solo in apparenza leggera, perché nelle pieghe del tono emerge una distanza che non è soltanto personale, bensì politica, e che segnala una linea di comando sempre più chiara all’interno dell’esecutivo.

È qui che la legge di bilancio smette di essere soltanto un provvedimento economico e diventa un fatto politico. Perché l’iter ha messo a nudo una crepa tra il leader della Lega e il suo ministro dell’Economia, una frattura che difficilmente potrà essere nascosta nei prossimi mesi. Nel partito cresce la percezione di un Giorgetti sempre più allineato alla premier, garante dei conti pubblici e dei vincoli europei, e sempre meno interprete delle pulsioni identitarie leghiste.

La manovra è dunque passata, tra applausi della maggioranza e accuse di pasticcio dalle opposizioni. Ma il segnale politico resta tutto. Sotto l’albero di Natale, insieme ai numeri del bilancio, il centrodestra si ritrova anche un nodo irrisolto: quello di un rapporto, tra Salvini e Giorgetti, che non è più quello di una volta e che promette di pesare sulle scelte future del governo, quando i dossier più sensibili torneranno inevitabilmente sul tavolo.