Malumori
La premier silura gli uomini di quello che fu il suo mentore per un evento di corrente
Non l’ha presa bene, Fabio Rampelli, la defenestrazione messa in atto da Giorgia Meloni nei suoi confronti e che si è concretizzata con il commissariamento della falange romana di Fratelli d’Italia. Fuori Massimo Milani, coordinatore locale dal 2016, segretario amministrativo dal 2014 e oggi deputato, dentro Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione del partito e fedelissimo della presidente del Consiglio. «Anche io ho molti dubbi - ci dice Rampelli scherzando sul nome del nostro giornale, senza tuttavia fornire altre spiegazioni - sto cercando di capire cosa sia successo». Cosa che in realtà Rampelli sa benissimo. Perché quel che è successo è che domenica al teatro Brancaccio Rampelli ha organizzato una kermesse portando un migliaio di “gabbiani” (che è il nome della corrente, l’unica in Fdi, della quale è leader), per sostenere le candidature in Regione di Fabrizio Ghera e Marika Rotondi. Spacciando tuttavia l’evento come iniziativa di partito, cosa che evidentemente non era. Forse approfittando anche della visita di Stato in Algeria di Meloni, che tuttavia non si è fatta prendere in contropiede e ha colto la palla al balzo.
Di fatto defenestrando lo stesso Rampelli, che da suo mentore nella sezione di Colle Oppio dove Meloni ha cominciato a fare politica è passato alla nomea di eterno secondo, prima cancellato da qualsiasi lista per un posto al governo e poi messo da parte nella corsa alle Regionali, rimpiazzato da Francesco Rocca.
Decisione, quest’ultima, che non è andata giù a buona parte del partito nel Lazio, i cui esponenti avrebbero gradito una personalità interna a Fratelli d’Italia e non l’ex presidente della Croce rossa italiana.
Già a ottobre Rampelli non aveva gradito il metodo con cui il suo nome era stato associato prima a un ministero di peso poi a un ruolo di sottogoverno, fino a essere “relegato” alla vicepresidenza della Camera. Ma allora, come disse all’epoca, aveva «obbedito da buon soldato», peraltro partecipando alle riunioni decisive in cui furono scritti nero su bianco i nomi dei ministri. Convinto che il suo nome sarebbe tornato buono per il Lazio, visto che in base agli accordi di coalizione la candidatura del centrodestra per la Regione spettava a Fdi. Ma Lega e Forza Italia evidentemente avrebbero preferito un nome “super partes” come quello di Francesco Rocca, e Meloni non si è opposta. Con evidente disappunto di Rampelli.
Fino all’evento del Brancaccio, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, dopo il quale Meloni che ha preso cart` a e penna e ha scritto una lettera a Donzelli per comunicargli il nuovo incarico. «Caro Giovanni, ringraziando Massimo Milani per il prezioso lavoro svolto sul territorio, considerata la campagna elettorale per le regionali e anche la necessità di gestire con terzietà la corsa alle preferenze, sentito il coordinatore regionale Paolo Trancassini, ti comunico che ho provveduto a nominarti Commissario di Fratelli d’Italia per Roma città - scrive l’inquilina di palazzo Chigi - Sono certa che saprai meritare la fiducia che ti è stata accordata svolgendo il tuo compito nell'interesse del partito e della sua crescita: ti auguro buon lavoro».
Una missiva scarna, in cui tuttavia si sottolinea «la necessità di gestire con terzietà la corsa alle preferenze» e «l’interesse del partito», segno tangibile che qualcuno, e il riferimento non può che essere a Rampelli, non è stato imparziale nel sostegno a certe candidature, mettendo l’interesse della propria corrente prima di quello di partito. O almeno questo è quel che deve aver pensato la leader di Fdi, che ha così dato le redini in mano a Donzelli. Il più “tecnico” di Fratelli d’Italia, tanto da essere soprannominato il monaco per quella sua abitudine di tornare appena può nella sua Firenze, così da evitare i vizi dei salotti della politica romana. I gabbiani, intanto, stanno già pensando a nuovi lidi.