Professore Bartolomeo Romano, ordinario di diritto penale all’Università di Palermo. Come spiegare ad un cittadino perché è importante votare Sì?
Perché la riforma andrà a vantaggio di tutti i cittadini, che hanno bisogno di una giustizia veramente giusta e di una magistratura forte, libera e autonoma, nella quale avere piena fiducia, che garantisca i diritti di tutti. Infatti, la riforma costituzionale che si propone di introdurre in Italia la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, mantenendo ferma l’autonomia e l’indipendenza di tutti i magistrati, allineerà il nostro Paese a tutte le democrazie occidentali (Francia, Germania, Spagna, Svezia, Paesi Bassi, Belgio, Regno Unito, Stati Uniti) e adeguerà la nostra legislazione al modello accusatorio introdotto dal Codice Vassalli del 1989, completando la riforma costituzionale già in parte fatta nel 1999 con la modifica dell’art. 111 della Costituzione. In tal modo, in un vero processo di parti, il cittadino sarà più tutelato e saranno meno probabili gli errori giudiziari: infatti, con la creazione di due CSM, conterà davvero la professionalità del singolo magistrato, che avrà una sola carriera verticale. Pertanto, i pm dovranno essere più attenti a fare indagini serie e approfondite e i giudici dovranno essere più scrupolosi nello scrivere sentenze meditate, in grado di non essere ribaltate nei successivi gradi di giudizio. E di fronte ad eventuali abusi, errori gravi e prevaricazioni nei confronti dei cittadini, l’Alta Corte, distinta dal CSM, garantirà una giustizia disciplinare più seria e giusta. Ma, poiché nel referendum confermativo non c’è quorum, occorre andare a votare; e, naturalmente, occorre votare sì.
Oltre ai riflessi ordinamentali ce ne saranno altri sul piano processuale?
Sono certo che la maggiore competenza richiesta ad ogni protagonista del processo aumenterà il livello ed il valore del contraddittorio, con un pm vera parte processuale, distinta e distante dal giudice, ed un conseguente maggior ruolo per l’avvocato. Così il giudice, nel contraddittorio tra le parti, assumerà un ruolo realmente terzo e imparziale.
Si invoca il giudice terzo ed imparziale. Fino ad ora non è stato così? Nessun organismo internazionale ci ha puniti.
Innanzitutto, occorre considerare che in molti organismi internazionali vi sono magistrati fuori ruolo italiani, magari bravissimi, ma lì presenti perché indicati anche in base alle loro appartenenze correntizie. Del resto, lo stesso Ministero della Giustizia è pieno di magistrati fuori ruolo, lì arrivati con le medesime logiche, che spesso – a loro volta – consigliano al Ministro pro tempore i nomi di magistrati da inserire in quegli organismi. Quindi, è difficile che gli organismi internazionali ai quali lei allude possano censurare il “modello” italiano, peraltro del tutto diverso da quello di tutte le democrazie occidentali. Invece, la giurisprudenza sovranazionale, come è noto, “bacchetta” la nostra giurisprudenza su vari fronti: quindi, le critiche, uscite dalla porta, rientrano dalla finestra. E la nostra Giustizia spesso ne esce molto male. A ciò si aggiunga che il giudice terzo e imparziale è tale se, in ogni sua manifestazione, può realmente sentirsi ed essere tale. E, mi creda, i circa settemila giudici italiani, molti dei quali giudici civili, spesso soffrono il protagonismo dei circa duemila pubblici ministeri. Del resto, nella ANM come nel CSM, contano assai più i pm rispetto ai giudici: la commistione di compiti e ruoli, e soprattutto la comune appartenenza correntizia e la stessa presenza nell’unico CSM, non aiutano soprattutto la componente maggioritaria, ma più debole, e cioè i giudici. Quindi, la riforma aiuterà i giudici non solo ad essere ma a comportarsi sempre da attori terzi e imparziali.
Lei è stato consigliere laico del Csm. Ha visto con i suoi occhi all’opera il correntismo dei gruppi dell’Anm e il collateralismo dei laici con la politica?
Certamente. Quando, nel 2014, sono entrato al CSM – eletto dal Parlamento in seduta comune – ho subito avvertito la presenza e la forza delle correnti. Al di là del valore dei singoli, che ho apprezzato e che riconosco, e della amicizia che ancora mi lega a molti di loro, i magistrati erano tutti divisi per corrente: e non solo i consiglieri, ma anche i magistrati segretari e i componenti dell’Ufficio Studi che ho avuto l’onore di dirigere a lungo. Sembrava che il CSM, organo di rilevanza costituzionale presieduto dal Capo dello Stato, fosse una sorta di ANM, con una spruzzata di laici. Potrei raccontare tantissimi episodi, ma mi limito ad invitare tutti a leggere un volume scritto da Aniello Nappi, un magistrato di grandissima levatura morale, che era insieme a me al CSM: Quattro anni a Palazzo dei Marescialli. Idee eretiche sul Consiglio superiore della magistratura.
Non crede che il sorteggio sia una soluzione eccessiva? Sarebbe bastato ad esempio ridurre il numero e l'importanza dei dirigenti degli uffici, sostituendoli con una guida collegiale e partecipata, come propone AreaDg?
Uno dei pregi maggiori della riforma è quello di liberare i magistrati non dalla inesistente pressione della politica, ma dal giogo soffocante delle correnti: lo dico avendo passato due anni nella Quinta Commissione del CSM, che si occupa degli incarichi direttivi e semidirettivi, ove se non si appartiene ad una corrente si fatica ad essere persino proposti; e non si riesce neppure ad approdare al Plenum. Del resto, lo stesso Nicola Gratteri, frontman del no, è sempre stato un forte sostenitore del sorteggio dei membri del CSM come unica via per smantellare il potere delle correnti nella magistratura, ed ha più volte dichiarato che la sua carriera è stata rallentata proprio perché lui non aderisce ad alcuna corrente. Inoltre, ricordo che anche un nutrito gruppo di magistrati, nato dopo il caso Palamara in polemica con il correntismo, Articolo 101, sostiene che debba ricorrersi al sorteggio.