Venerdì 26 Dicembre 2025

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«Voto Sì perché la riforma difende i magistrati da tutti i condizionamenti»

Giorgio Spangher, emerito di procedura penale alla Sapienza: «Dagli scandali dell’Hotel Champagne alla percezione di parzialità delle toghe, la riforma potrebbe sanare i limiti di credibilità e affidabilità della magistratura»

26 Dicembre 2025, 10:27

10:32

giorgio spangher

Giorgio Spangher, presidente del “Comitato Pannella-Sciascia-Tortora per il sì alla separazione delle carriere” sembra che i contenuti della riforma siano scomparsi dalla campagna referendaria. Che ne pensa?

I temi sono stati in qualche modo abbondantemente sondati. Oggi però mi pare che qualcuno punti piuttosto a fare la prova del sangue ai vari componenti dei comitati. Credo che tutti sono legittimati a fare delle scelte anche se queste possono essere in qualche modo in contraddizione con quanto sostenuto precedentemente.

Lei è stato membro laico del Csm. Il Csm soffriva delle degenerazioni correntizie?

Quando si entra in un organismo bisogna accettare le regole del gioco. Non ci si può lamentare se il Csm è governato da alcune dinamiche: correntizie per i magistrati e del condizionamento politico da parte dei laici. La logica correntizia era e credo sia ancora evidenziata dalla presenza dei magistrati segretari. Erano tutti nominati dalle correnti secondo la logica del manuale Cencelli. Con l’avvocato Buccico abbiamo cercato di proporre che anche i laici potessero assumere determinati magistrati da assegnare a funzione di magistrato segretario ma l’operazione non è riuscita. Evidentemente i magistrati hanno ritenuto che anche quell’aspetto interno delle dinamiche consiliari - e posso capirlo nella logica di corrente - di controllare, far crescere persone, sviluppare delle carriere professionali dovesse rimanere nelle loro mani. Le persone sono di qualità, però la logica che ispira la loro collocazione è una logica correntizia, come dimostra il fatto che paradossalmente i magistrati e i segretari partecipavano, penso lo facciano ancora, alle riunioni di corrente di cui fanno parte.

Quindi confessa che esiste anche il problema del collateralismo dei laici.

Ognuno gestisce i rapporti dei laici con la politica in modo particolarmente diverso. Naturalmente qualche volta questo rapporto fra il laico e la politica è molto stretto. Ci sono delle persone che si siedono intorno a un tavolo e scelgono un laico, ognuno per la propria parte politica. Questo determina un rapporto molto forte tra il laico e colui che l’ha proposto per il Consiglio. E qualche volta questo può essere anche uno strumento di fidelizzazione per una prospettiva successiva di carriera, deputato, senatore o quant’altro. La scelta del consigliere si colloca già in una sua dimensione culturale e politica, così che egli in qualche misura sa benissimo a priori quello che bisogna fare intorno a quel tavolo quando si deve votare. Faccio un esempio.

Prego.

Non era necessario che la politica dicesse di non votare Caselli, ma di votare Grasso per la Procura nazionale antimafia. Era implicito. In altri termini non c'è quasi mai un ordine di scuderia per il quale si deve scegliere Tizio anziché Caio, ma già la scelta del candidato per fare il laico nel Consiglio superiore e le sue relazioni con le correnti di appartenenza sono quelle che poi determinano le scelte. In questo senso il sorteggio tende a sciogliere quel rapporto, che può essere addirittura molto forte, perché non è vero che il Parlamento si raduna tutto per scegliere i laici.

Non crede ci sia una disparità nel prevedere il sorteggio temperato per i laici e quello puro per i togati? Se il Parlamento eleggesse una rosa di pochissimi nomi da cui sorteggiare è come se li avesse scelti la politica.

Bisognerà attendere la norma attuativa per una disamina precisa. Mentre per quanto riguarda i togati la platea è di un certo tipo – circa 10000 magistrati - la possibile platea di avvocati e professori universitari sarebbe notevolmente più ampia. Da qui la necessità di una rosa eletta dal Parlamento. Per quanto attiene ai laici, spezza quel rapporto di forte dipendenza del laico da chi lo ha designato, che può essere il segretario o il responsabile giustizia di un partito. Per quanto attiene ai togati rompe il rapporto con la corrente.

Il presidente Mattarella nel 2020 parlò di “modestia etica” in riferimento allo scandalo dell’Hotel Champagne. Secondo lei la magistratura ha superato tutto?

Per la magistratura è stato un episodio che probabilmente solo nelle sue dimensioni è stato eccezionale, perché la logica di appartenenza dei consiglieri è sempre stata molto forte, come peraltro, ripeto, quella dei laici. Il problema è che si stava gestendo l’organismo di rilevanza costituzionale in un albergo, l’Hotel Champagne, nel senso che le dinamiche interne fossero in qualche modo condizionate dalle scelte esterne. E probabilmente lo è ancora. Non è che manchino gli incontri. Però allora c’era proprio il senso di una specie di cupola. Nessuno si offenda. Che sia superato non sono in grado di dirlo perché ogni Consiglio superiore fa storie a sé. Il mio era quello del 2002-2006. Non so nelle vicende successive come siano determinate le dinamiche, però credo che in parte possa essere superato nei suoi aspetti più fortemente patologici, però non credo che sia assolutamente scomparso.

Il professor Gian Luigi Gatta ha detto: “Pensiamo davvero di vivere in un sistema processuale nel quale i giudici non sono terzi e imparziali, tanto da rendere necessaria una riforma costituzionale? Se così fosse sarebbe un’emergenza per lo Stato di diritto, che non mi risulta però rilevata da nessun organismo internazionale”.

Giustizia non è fatta soltanto di realtà ma anche di percezione. È chiaro che il rapporto fra giudice e pm nella fase dibattimentale, stante la presenza dell’avvocato, può garantire una certa quasi sicura terzietà del giudice. Invece in quella delle indagini preliminari, i rapporti sono molto stretti, in mancanza anche di un’alternativa dialettica rappresentata dalla difesa. C’è una certa opacità. Non è tanto un problema di indipendenza e imparzialità, quanto uno di appiattimento sulla linea investigativa, di vocazione inquisitoria. Quindi è necessario rafforzare i poteri difensivi, ma è necessario anche allontanare il più possibile la presenza del pm nelle fasi delle indagini preliminari con richieste che i giudici approvano quasi sempre.