Martedì 23 Dicembre 2025

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«Il Pd? Gruppettari. Serve una scossa o rivincerà Meloni»

Parla Claudio Petruccioli, ex parlamentare Pci e Pds: «Bisogna dare una casa agli elettori moderati di centrosinistra: si deve costruire da zero qualcosa di simile a quella che fu la Margherita»

23 Dicembre 2025, 16:50

Claudio Petruccioli

Claudio Petruccioli, uno che di alleanze nel centrosinistra, discussioni tra partiti e costruzioni di coalizioni se ne intende, non le manda a dire quando dice che «o cambierà qualcosa nel campolargo da qui alla prossima primavera o le possibilità di vittoria del centrosinistra alle Politiche saranno molto basse». Poi spiega che «i “gruppettari” si sono impadroniti della sinistra», critica i riformisti dem «che anche nel corso dell’ultima Assemblea nazionale non hanno contestato apertamente Schlein» e lancia una proposta: «Si deve costruire da zero qualcosa di simile a quella che fu la Margherita».

Petruccioli, Lei che di peripezie nel centrosinistra ne ha passate tante, cosa pensa dello schieramento attuale?

Parto da una constatazione, direi piuttosto diffusa: restando così le cose, cioè i rapporti politici nelle coalizioni, le posizioni dei diversi leader o delle diverse formazioni, quando fra poco più di un anno si aprirà la campagna elettorale risulterà piuttosto improbabile che il cosiddetto campo largo possa vincere le Politiche. 

Eppure la segretaria dem Elly Schlein e il suo entourage non sembrano pensarlo…

Schlein e i suoi pensano che se riescono a tirare avanti così fino al “giudizio di Dio”, all’apertura delle urne, la vittoria cadrà loro in mano. Confidano che gli italiani giudichino pericolosa la Meloni e la sua coalizione di destra. Fosse così, cadrebbe tutto il mio ragionamento; ma dalle persone con cui parlo, dai giornali che leggo mi sembra che il dubbio che questo possa avvenire sia piuttosto diffuso. Fatta questa premessa, vado al punto.

Qual è?

Provo a calarmi nel modo di vedere le cose e di ragionare di persone che, in base alla mia esperienza, non sono poche. Sono convinte che con la guida di Schlein e della sua squadra il Pd anziché essere il baricentro equilibratore di una coalizione più ampia si è messo a fare il concorrente delle posizioni più “gruppettare”, (uso questo termine perché ne ho esperienza e mi sembra proprio che i “gruppettari” si siano impadroniti della sinistra). E, di conseguenza, sono convinte che una coalizione che abbia prevalentemente questo orientamento possa essere utile per governare in Italia, nell’Europa nel mondo di oggi. 

Dunque elettori che voterebbero Pd ma che non sono convinti di Schlein?

Di certo non sono persone di destra, perché altrimenti voterebbero a destra, e per questo scelgono magari di astenersi. La diminuzione dei votanti viene attribuita ordinariamente al distacco rispetto alla politica. Questo è di certo uno dei fattori, ma non copre tutta l’area dell’astensione. Una porzione di quell’area comprende elettori che non vogliono sostenere la destra ma pensano che questa sinistra non offra un’alternativa praticabile. Io non sono in grado di valutare la sua consistenza effettiva, ma che secondo me non è così irrilevante (diciamo sul tre o quattro per cento?) ma dati i rapporti di forza tra i due schieramenti può essere decisiva se vota o si astiene.

Per quali motivi dovrebbe astenersi? 

Il primo l’ho già detto: il “campolargo” è squilibrato sull’estrema al punto da non risultare convincente come sinistra di governo; poi non ha una leadership chiara. Dall’altra parte c’è una leadership evidente, che non viene contestata né da Salvini né da Tajani. Di qua è tutto diverso. Non c’è una leadership, o se vogliamo ci sono troppe leadership; è palese, al di là di primarie, tavoli di coalizione e via dicendo. Gli italiani vedono quotidianamente che tra Schlein e Conte c’è una competizione. Possono fare le primarie, chiudersi in una stanza finché non decidono, anche tirare a sorte, ma gli italiani sanno che chiunque esca poi l’altro gli metterà i bastoni tra le ruote e quindi qualunque sia la leadership l’immagine della coalizione non è rassicurante, non è convincente. 


Cosa manca di altro?

Perfino persone dalle quali mi sento politicamente abbastanza lontano, come Bettini e Franceschini, dicono che manca la “stampella” del riformismo, che loro considerano la parte “moderata”; comunque riconoscono che se manca quella agli occhi di una parte seppur piccola degli elettori la coalizione appare zoppa. E quindi auspicano che prenda corpo questa stampella. Ma la realtà delle cose non sembra muoversi in questo senso. 

Perché?

Da quella parte c’è Renzi che non riesce a rappresentare questa stampella, anche per il modo in cui ha deciso di collocarsi. Di fronte allo spostamento di Schlein verso posizioni movimentistico-antagoniste non le critica, e anzi sembra compiacersene perché crede che così sia più facile a lui prendere i voti dei “moderati”, quindi contare di più nella coalizione. Ma nei fatti non combattere apertamente queste pulsioni estremistiche rende poco credibile e poco attraente l’insieme della coalizione e anche la sua posizione politica. Chi conduce una battaglia aperta nel merito è invece Calenda, che però al momento è fuori dalla coalizione.  

E dunque come si risolve l’inghippo?

Quel povero elettore che vorrebbe un interlocutore all’interno della coalizione del campo largo disposto a capire le sue preoccupazioni, a condividere le sue attese e lo dicesse apertamente, semplicemente non lo trova. Magari lo trova fuori, ma a quel punto non può votare la coalizione che vorrebbe. Né fanno sufficientemente la loro parte i riformisti interni al Pd. Lo abbiamo visto anche nel corso dell’ultima Assemblea nazionale, dove non c’è stata una discussione politica e non è stato neppure sfiorato questo tema. Nessuno, pur non mettendo in discussione la sua segreteria, dice a Schlein che se continua così va a sbattere.

Cosa serve quindi per cambiare le sorti del centrosinistra?

Penso che si debba muovere un altro pezzo sulla scacchiera, che finalmente faccia quello che chiedono anche Bettini e altri. Si dovrebbe costruire qualcosa di simile a quella che fu la Margherita. Cosa molto difficile da fare, perché si devono muovere forze reali, del sindacato, dell’associazionismo cattolico, del terzo settore, dell’associazionismo di categoria. Forze che devono essere capaci di aggregarsi attorno a una leadership non da proporre immediatamente per dirigere il governo del paese ma che renda riconoscibile questo tipo di aggregazione. Mi sento di dire con certezza intima che se qualcosa del genere non avverrà da qui alla fine della primavera, le possibilità di vittoria del centrosinistra alle Politiche saranno molto basse. 

Si parla dei civici di Onorato, Salis, Manfredi: la convince quel progetto?

Si vedono tante increspature in superficie, ma questa è un’operazione che per aver senso deve avere una effettiva consistenza. E soprattutto deve capirla anche da quel povero elettore che non sa cosa fare e di cui ho cercato di interpretare le sofferenze.