Sabato 20 Dicembre 2025

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«Voto Sì perché un giudice senza padroni è la prima difesa dei cittadini»

Rinaldo Romanelli: «La riforma rafforza il controllo sul potere del pm, spezza il correntismo nel Csm e restituisce al giudice il suo ruolo costituzionale di garanzia»

20 Dicembre 2025, 10:57

«Voto Sì perché un giudice senza padroni è la prima difesa dei cittadini»

Rinaldo Romanelli, segretario dell’Ucpi, come spiegare a un cittadino perché votare Sì?
Separare l’organizzazione del giudice da quella del pm rafforza il giudice e lo libera da ogni condizionamento: questa è una garanzia per i cittadini. Introdurre il sorteggio al Csm è una medicina rispetto alla malattia del correntismo che nessuno è stato in grado di curare o ha voluto curare, avendo la magistratura pensato di potersi redimere scaricando tutto su Palamara e altri cinque o sei magistrati. Quanto all’Alta Corte è la fisiologica evoluzione di quello che è il disciplinare nel Csm, ossia attività giurisdizionale. Ciò allontana anche l’obiezione sul sorteggio: nessuno si sceglie il proprio giudice. Il giudice è naturale e precostituito per legge. Inoltre i magistrati saranno più garantiti non dovendo temere di trovare al disciplinare un collega di una corrente avversa.


Le ha parlato di condizionamento: dov’è nel processo, se c’è?
La ragione del condizionamento reciproco tra giudice e pm è che sono avvinti da una cultura comune per cui, come ripete il presidente dell’Anm Parodi, entrambi “cercano la verità”. Ma in realtà non dovrebbero fare lo stesso lavoro. Questa idea del giudice e del pm come unico strumento dello Stato è un’idea tipica di uno Stato autoritario. In uno democratico invece il giudice controlla il pm, rappresenta il limite del potere enorme del pm, a tutela dei cittadini.


Quindi avremo un giudice più garantista e propenso ad assolvere?
Avremo soprattutto - e questo è il punto fondamentale – un giudice in grado di controllare l’operato del pm, sia in fase di indagini che nel processo. Il giudice deve essere realmente l’unica garanzia che un cittadino debole ha dinanzi alla pretesa punitiva dello Stato.


Ma nella fase delle indagini il gip ha solo il punto di vista del pm e molti fascicoli da dover smaltire.
È chiaro che per il gip è difficile decidere anche per ragioni di quantità di atti che gli vengono sottoposti. Tuttavia laddove non riuscisse a verificare fino in fondo la fondatezza delle richieste del pm dovrebbe fermarsi e non autorizzare nulla. Altro che copia e incolla! Nel 2015 il legislatore è dovuto intervenire dicendo che rispetto alla richiesta di misura cautelare deve effettuare un’autonoma valutazione che deve risultare dalla motivazione, altrimenti il provvedimento è nullo. Il problema è che le ordinanze erano - e in parte sono rimaste tuttora - un “copia e incolla”, molto spesso, dell’informativa finale della polizia giudiziaria, copiata e incollata dal pm e recepita acriticamente dal giudice che “si fida del pm”. Il punto è proprio qui. In uno Stato liberale non si attua una condivisione tra pm e giudice, ma una giurisdizione di “conflitto” nella quale il giudice esercita la “sfiducia” nei confronti dell’operato dell’accusa, verificandone ogni passo per garantire che i diritti del cittadino siano rispettati.


Secondo lei ci saranno meno ingiuste detenzioni?
Quando questa riforma avrà i suoi effetti sul piano anche culturale, sicuramente ce ne saranno molte meno. L’idea di ricorrere alla misura cautelare, anche al di fuori dei requisiti richiesti, è quella di assecondare le indagini del pm.
Invece empiricamente da cosa si evince il condizionamento del giudice all’interno del Csm?
Il Csm è formato tutto dalle correnti. Dal 2000 ad oggi, ci sono stati 14 presidenti dell’Anm, 11 sono stati pm. Quattordici segretari, undici sono stati pm. Oggi il presidente che guida la campagna è pm, il segretario che guida la campagna è pm, il frontman della campagna, che è Gratteri, è pm, addirittura il frontman della campagna per il Sì è Di Pietro che era pm.


Ma come condizionano le carriere dei giudici?
Governano loro l’elettorato al Csm. Tu non vai al Csm se non hai il controllo del sistema correntizio, e chi ce l'ha questo controllo? I pm.

Ma non teme l’investitura costituzionale del pm con il suo Csm?
Intanto non si deve immaginare che il Csm dei pm sia una duplicazione di quello dei giudici, anche per ragioni di numeri e proporzioni. Poi non ci sarà più un governo delle correnti grazie al sorteggio. Il problema non è se fai parte di una corrente, ma se sei stato eletto grazie alla corrente, a cui dovrai rispondere. Invece col sorteggio non dovrai ringraziare nessuno. Soprattutto non saranno possibili coordinamenti per condizionare l’attività del potere giudiziario. Questo non è compatibile con un sistema democratico.


Però la proposta dell’Ucpi non prevedeva il sorteggio ma un numero pari di laici e togati. E in più nel 2019 avete licenziato un comunicato contro il sorteggio proposto da Bonafede.
Il sorteggio è l’aspetto che più mi piace della riforma. Se ci fosse ancora l’elezione dei membri del Csm, pur con organi separati, i pm continuerebbero ancora ad avere potere sui giudici nel momento dell’elezione.


Cosa pensa della campagna referendaria che sta portando avanti l’Anm?
Innanzitutto che bisogna abbassare i toni e parlare degli aspetti tecnici della riforma. Invece i magistrati recitano costantemente la parte delle vittime, prefigurano pericoli immaginari e inesistenti senza fare riferimenti di alcun genere alla riforma. Continuano a ripetere che il potere giudiziario verrà schiacciato. Ma è proprio il correntismo ad indebolire il potere giudiziario che non è il potere dei magistrati che governano il Csm attraverso le correnti. Il potere giudiziario è il potere del giudice che pronuncia una sentenza. Quella sentenza deve in democrazia essere una sentenza che ha una autorità, che il popolo accetta perché è autorevole, perché quella sentenza lì serve per risolvere i più gravi conflitti sociali. I magistrati però si sono dedicati a fare politica, alle consorterie, a esondare nel loro potere attraverso il Csm, con i colleghi fuori ruolo, con la pretesa di condizionare la politica andando in televisione. Poi accade che quando un giudice che fa giustamente e correttamente il suo mestiere, rigettando, ad esempio, un provvedimento di espulsione di un migrante, il cittadino poi è portato a dire “maledetto magistrato di sinistra”. Conosco molti magistrati che quotidianamente svolgono il loro mestiere in scienza e coscienza, ma le loro decisioni vengono poi messe in discussione perché parte della magistratura fa politica, offuscando così l’immagine di imparzialità di tutti.