Diritti dei migranti violati, l'Italia denunciata alla Corte europea
Un rapporto del Forensic oceanography che mette in luce la pessima gestione dei soccorsi degli immigrati nel Mediterraneo alla base di un ricorso alla Cedu contro il nostro paese
Navi delle ong ostacolate dalla guardia costiera libica, migranti riportati in Libia e rinchiusi in centri di detenzione dove subiscono violenze di ogni tipo. Codici di condotta e burocrazia che causa la sofferenza di chi viene salvato. [embed]https://youtu.be/3Ic38vunB8w[/embed] La realtà del Mediterraneo è questa, le responsabilità sono evidenti e sempre più emerge il negativo dell’Europa e del Governo italiano nella gestione dei soccorsi. Un rapporto del Forensic oceanography e di altri legali (Asgi e dal Global Legal Action Network con supporto di Arci e Yale Law School’s Lowenstein International Human Rights Clinic) ricostruisce i casi emblematici di questa situazione e servirà da base per un ricorso presentato alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (CEDU). Sara Prestianni dell’Arci, nel corso di una conferenza stampa presso la sede di Stampa Estera a Roma, spiega bene il carattere di questa iniziativa: «Questo ricorso alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo è simbolico, ma è un ricorso molto importante perché da mesi stiamo assistendo ad una deriva della politica di gestione dell’immigrazione, un vero e proprio subappalto alla guardia costiera libica invece di quello che dovrebbe essere un dovere del nostro paese e dell’Unione Europea, quello del salvataggio». Esternalizzazione del controllo delle frontiere marittime è ormai da almeno due anni, l’indirizzo preso dalla Ue, i risultati di questa politica sono evidenti e drammatici. «Si sta chiedendo ai nostri vicini libici – continua l’esponente Arci - , troppo spesso collusi, come ha denunciato lo stesso consiglio di sicurezza dell’Onu, con varie milizie, di intercettare i migranti per riportarli nell’inferno dal quale stanno cercando di fuggire». L’obiettivo è quello di ridurre gli sbarchi ma le soluzioni rispondono più a logiche di convenienza politica piuttosto che ad una gestione umana del fenomeno. Niente infatti può giustificare la violazione di molte convenzioni internazionali a partire da quella di Ginevra e del diritto marittimo internazionale. Per Sara Prestianni «bisogna raccontare cosa sta succedendo in mare, in Libia e dire chi ha la responsabilità politica e giuridica di quello che sta succedendo. Noi pensiamo che il governo italiano abbia questa responsabilità , ma l’ha anche l’Unione europea che mette in pratica questa logica di chiusura delle frontiere, piuttosto che di apertura di vie legali di accesso al territorio». E di quello che sta effettivamente succedendo nel mediterraneo ne ha parlato Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch, l’organizzazione umanitaria tedesca che il 6 novembre dello scorso anno è stata protagonista di un incontro ravvicinato con la guardia costiera libica. Un avvenimento che ha fornito importanti elementi per il ricorso alla CEDU. «Sea Watch si trova a Malta a fare il cambio equipaggio racconta Linardi -, è rientrata dopo un soccorso di 38 persone che ci hanno raccontato che addirittura hanno dovuto nuotare verso il gommone, e ci chiediamo come mai erano così pochi visto che un gommone ormai ne porta 150 o forse più, era una giornata di vento che ha fatto volare il gommone al largo e solo chi poteva nuotare l’ha raggiunto, ci hanno detto che c’era un’altra imbarcazione ma della quale si sono perse le tracce». Ma non sono solo i libici a fermare i soccorsi in mare, anche la burocrazia infatti viene usata come clava. L’ultimo episodio è quello che riguarda la nave Astral di Proactiva Open Arms rimasta bloccata in mare con numerose persone salvate per un contenzioso tra Italia e Gran Bretagna. Giorgia Linardi spiega bene di cosa si tratta e da il senso della confusione in atto: « In questo momento ci sono altre navi di salvataggio in mare e solo ieri abbiamo avuto l’episodio della nave Astral per cui c’è stato un rimbalzo di responsabilità nel coordinamento e non si sapeva dove trasferire un centinaio di migranti soccorsi. Solo dopo 15 ore dalla richiesta di trasbordo sulla nave Aquarius di Sos Mediterranee e Msf è arrivata l’autorizzazione. Una situazione per cui anche i soccorsi di non tantissime persone stanno diventando problematici».