Martedì 30 Dicembre 2025

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Il caso pugliese

Ex Ilva, la Procura dice no al dissequestro dell’altoforno 1

Respinta la nuova istanza di Acciaierie d’Italia: l’impianto resta fermo dopo l’incendio di maggio

30 Dicembre 2025, 09:32

Ex Ilva, la Procura dice no al dissequestro dell’altoforno 1

Piomba una nuova tegola sull’ex Ilva proprio mentre sta per essere ufficializzato il nome dell’investitore con cui i commissari straordinari avvieranno la trattativa in esclusiva per la vendita del gruppo. La Procura di Taranto ha infatti respinto la nuova richiesta di dissequestro dell’altoforno 1, avanzata dai legali di Acciaierie d’Italia.

La decisione arriva a distanza di mesi dalla prima istanza, già rigettata ad agosto, e mantiene fermo l’impianto sequestrato dopo l’incendio del 7 maggio scorso a una delle tubiere. Un rogo senza feriti, ma sufficiente a determinare il sequestro senza facoltà d’uso dell’altoforno, riattivato solo pochi mesi prima, il 15 ottobre 2024, dopo una lunga fermata.

Produzione ridotta a un solo altoforno

Da allora il siderurgico tarantino procede con un solo altoforno operativo, il numero 4, e la situazione resta invariata. Dopo il nuovo diniego della Procura, l’azienda si prepara ora a ricorrere al gip, trattandosi di un sequestro probatorio. Secondo quanto trapela, il no sarebbe motivato dalla necessità di ulteriori accertamenti tecnici sull’impianto.

Nei mesi scorsi sull’altoforno 1 sono stati effettuati campionamenti e rilievi approfonditi. La Procura ha nominato due consulenti: Paola Russo, ordinaria di Chimica industriale all’Università La Sapienza di Roma, e Donato Firrao, già docente di Metallurgia al Politecnico di Torino. L’attività di indagine si è formalmente conclusa a fine ottobre.

Il caso politico e le parole di Urso

Il sequestro è stato al centro anche di un duro confronto istituzionale. Il ministro delle Imprese Adolfo Urso, intervenendo il 12 novembre in question time alla Camera sull’ex Ilva, aveva sottolineato come la chiusura dell’altoforno avesse inciso pesantemente sulla produzione e sui piani industriali.

«Da oltre sei mesi uno dei due altiforni è sotto sequestro probatorio – aveva detto Urso – e questo ha costretto i commissari a rivedere i piani aziendali e a ricorrere ulteriormente alla cassa integrazione». Già nei giorni successivi all’incendio di maggio, il ministro aveva parlato di danni rilevanti dovuti alla mancata autorizzazione agli interventi urgenti richiesti dall’azienda, con «inevitabili ripercussioni sull’occupazione».

La replica della Procura

Alle critiche aveva risposto il procuratore capo Eugenia Pontassuglia, difendendo l’operato dell’ufficio giudiziario. «Sulla base delle valutazioni espresse da Arpa Puglia – spiegò Pontassuglia il 13 maggio – sono state autorizzate quasi tutte le attività richieste, restando escluse solo quelle che non incidevano sull’integrità degli impianti o che risultavano incompatibili con le esigenze probatorie».

Secondo gli organi tecnici, l’incendio avrebbe inoltre esposto a rischi evidenti la sicurezza dei lavoratori, sia interni sia delle aziende terze presenti nell’area, lungo la traiettoria delle emissioni di gas e materiale solido.