L'intervento
Manifestazione pro aborto
L’ articolo 16 della legge 194 del 1978 sulla interruzione volontaria della gravidanza stabilisce che «entro il mese di febbraio, a partire dall’anno successivo a quello dell’entrata in vigore della presente legge, il Ministro della sanità presenta al Parlamento una relazione sull’attuazione della legge stessa e sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione. Le Regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di gennaio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal ministro. Analoga relazione presenta il ministro di grazia e giustizia per quanto riguarda le questioni di specifica competenza del suo dicastero».
Ora siamo a metà dicembre e della relazione del 2025 non c’è alcuna traccia. Il ritardo della relazione è normale (la relazione del 2008 pubblicata ad aprile pare ormai un miracolo). Qualcosa cui ci si rassegna come ci si rassegna a non dormire. È una abitudine però sempre meno giustificabile dai mezzi che abbiamo per raccogliere e trasmettere i dati (sui dati e sulla mia disperazione al riguardo ci torno).
All’inizio di novembre una interpellanza urgente, a prima firma di Gilda Sportiello del M5S, chiedeva al Ministero della salute quando avesse intenzione di presentare questa benedetta relazione. La riposta di Emanuele Prisco, sottosegretario all’Inter - no, è sorprendente e sembra arrivare dal secolo scorso: «Raccogliere i dati sulle IVG da tutte le Regioni non è come scaricare un file. È un processo lungo e complicato». Lungo quanto? Le scuse addotte da Prisco proseguono con la raccolta che coinvolge molti soggetti e che è complicata dall’autonomia regionale. Tuttavia, ci rassicura, stiamo lavorando a «un’apposita struttura interdipartimentale dedicata alla salute della donna».
Sembrano gli avvisi sulla Salerno-Reggio Calabria: “stiamo lavorando per voi”. Un eterno rimandare e le nonne che continuano a morire per non fare il compito di matematica. Ma il ritardo della relazione non è l’unico problema. Quella relazione infatti presenta i dati vecchi di due anni (la relazione del 2024 ha i dati definitivi del 2022), aggregati per medie regionali. Abbiamo sempre dati non aggiornati e non dettagliati, quindi poco utili. Non posso sapere cosa succede negli ospedali, non posso nemmeno sapere (se non mandando un accesso civico o cercando di ottenere quella informazione in altri complessi e tortuosi modi, chiedendo per favore e scusi per una informazione che mi spetterebbe di diritto) se in quell’ospedale esiste un punto IVG. Perché non in tutti ospedali si può abortire, e questo non sarebbe un problema se potessi sapere quali sono senza farmi leggere i tarocchi.
Nell’estate 2021 con Sonia Montegiove abbiamo cominciato a mandare accessi civici agli ospedali, alle Asl, alle Regioni e al Ministero chiedendo dati recenti e per singola struttura. Se ho bisogno di avere informazioni perché voglio abortire, certamente non mi serve a nulla sapere la media regionale del Lazio. Ho bisogno di sapere cosa succede negli ospedali. Quanti sono gli operatori sanitari, quanti sono obiettori, se posso fare il farmacologico e così via. Non ci hanno risposto nemmeno tutti – sebbene anche questo sarebbe un dovere (alcuni risultati, ormai vecchi, sono nel nostro sito “Mai Dati”). Non è complicato. Non sarebbe complicato. Ma non c’è evidentemente la volontà politica. Un esempio che con Sonia facciamo spesso è l’ecosi - stema digitale E-015 della Regione Lombardia. Basterebbe copiare se proprio non si riesce a fare altro. E prima di inventare altre scuse: l’app Municipium ci dice per ogni ospedale quante persone sono in attesa, quante sono codice verde o rosso o azzurro. Ce lo dice ora, in tempo reale, non nel 2021 perché raccogliere i dati è “un processo complicato”. Magari i dati sull’aborto sono dati particolari.
A proposito di ritardi, nel 2020 le linee di indirizzo ministeriali hanno permesso di eseguire l’aborto farmacologico anche nei consultori e negli ambulatori e di scegliere di prendere il secondo farmaco a casa e non sedute in un corridoio o in una poltrona scomoda. Tutto bene? Non proprio. Perché quelle linee di indirizzo sono state recepite sono in tre Regioni. Forse è un processo complicato anche questo. E nel frattempo si sprecano risorse sanitarie e si fanno ricoveri non necessari. Ormai è quasi Natale e chissà se riusciranno a fare meglio del 2018, con la relazione datata 31 dicembre. Posso solo essere ottimista per il 2026. Quando avremo finalmente dati aggiornati e dettagliati e la possibilità di scegliere davvero come abortire, non in base a dove viviamo.