L'editoriale
Cospito è solo uno degli 800 detenuti murati vivi in una cella di 4 metri per 4 e isolati da qualsiasi forma di contatto umano. E chi oggi chiede la sua “liberazione”, forse, dovrebbe avere il coraggio di chiederla anche per le altre 799 persone
Salvare l’anarchico Alfredo Cospito, certo. Salvarlo subito perché le sue condizioni di salute precipitano e non sono più compatibili col 41bis, forse neanche col carcere "normale". Interpellato più volte e sollecitato da intellettuali e politici di vari partiti, il ministro Nordio è stato chiaro: la liberazione di Cospito dal 41bis dovrà necessariamente passare per una richiesta dell’autorità giudiziaria, che, “a fronte dell’aggravamento delle sue condizioni di salute può disporre una sospensione della pena o chiedere al Ministro una revoca del regime speciale”.
Un modo per lavarsene le mani? Forse. Del resto, dopo le sue uscite su intercettazioni, separazione delle carriere e abuso d’ufficio, il ministro Nordio è sotto stretta osservazione, e via Arenula è l’avanguardia di uno scontro ormai conclamato con una parte della magistratura che considera la "rivoluzione copernicana" annunciata dal Guardasigilli come un attentato alla sua indipendenza; o al mantenimento delle sue rendite di posizione, dipende dai punti di vista.
Salvare Cospito, dicevamo, liberarlo dalla tortura del 41 bis. Giusto, sacrosanto. Ma Cospito è solo uno degli 800 detenuti murati vivi in una cella di 4 metri per 4 e isolati da qualsiasi forma di contatto umano. E chi oggi chiede la sua “liberazione”, forse, dovrebbe avere il coraggio di chiederla anche per le altre 799 persone. Se il 41bis è tortura, lo è per tutti. Anche per un certo Matteo Messina Denaro, tanto per essere chiari e brutali. Perché qui non c'è in gioco solo la dignità di chi è rinchiuso lì dentro, ma il nostro grado di civiltà giuridica e il nostro senso di umanità.