Lunedì 22 Dicembre 2025

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Dal gender gap ai divari territoriali: le avvocature “gemelle” di Usa e Italia

Dall’ultimo sondaggio dell’American Bar Association emergono criticità simili a quelle che affliggono la professione forense nel nostro Paese

22 Dicembre 2025, 18:30

american bar association

Se qualcuno pensa che le difficoltà dell’avvocatura siano un’esclusiva italiana, i dati che arrivano dagli Stati Uniti raccontano una storia diversa. La National Lawyer Population Survey 2025 dell’American Bar Association restituisce l’immagine di una professione numericamente solida, ma attraversata da squilibri strutturali che ricordano da vicino quelli del nostro Paese: gender gap, concentrazione territoriale, diseguaglianze economiche, difficoltà di accesso alla giustizia.

Negli Usa gli avvocati attivi hanno raggiunto quota 1.374.720 unità, con una crescita dell’1,38 per cento nell’ultimo anno e del 5,64 per cento nel periodo 2015–2025. Un andamento contenuto, soprattutto se confrontato con le espansioni registrate nei decenni precedenti, che segnala un mercato ormai maturo. Una fotografia non lontana da quella italiana, dove, dopo anni di crescita costante, il numero degli iscritti ha iniziato a stabilizzarsi e la competizione interna è diventata il principale fattore di pressione sui redditi e sulla qualità del lavoro professionale.

Il report ABA evidenzia anche una marcata polarizzazione geografica. New York resta lo Stato con il maggior numero di avvocati (190.015), seguita dalla California (181.048) e dal Texas (99.867). All’estremo opposto, Stati come Wyoming, Vermont o North Dakota non superano le duemila unità.

Su base regionale, il Sud e l’Ovest sono le aree che crescono di più nel decennio, mentre il Midwest registra una sostanziale stagnazione. Anche in questo caso il parallelismo con l’Italia è immediato: grandi aree urbane sempre più affollate e territori periferici o interni dove la presenza dell’avvocatura si assottiglia progressivamente.

Il dato forse più significativo riguarda però il genere. Le donne rappresentano oggi il 41,31 per cento degli avvocati americani, con un aumento di oltre sei punti percentuali rispetto al 2015. Le law school continuano a registrare una forte presenza femminile, segnale di un cambiamento strutturale della base della professione. Uno scenario che richiama da vicino quello italiano, dove le avvocate sono ormai prossime alla metà degli iscritti, soprattutto tra le fasce più giovani.

Ma la fotografia cambia salendo di livello: negli Stati Uniti, come nel nostro Paese, le donne restano sottorappresentate nei ruoli apicali, nelle partnership e nelle posizioni decisionali. Il soffitto di cristallo resiste, nonostante la parità formale di accesso, e continua a riflettersi anche in un persistente divario reddituale. La distribuzione territoriale incide inevitabilmente anche sui redditi e sulle opportunità professionali.

Negli Stati Uniti, come in Italia, esercitare nei grandi centri significa intercettare clientela strutturata, studi organizzati e contenzioso ad alto valore, mentre nelle periferie (urbane o geografiche) il lavoro legale si confronta con domanda debole, margini ridotti e maggiore precarietà. Non a caso l’ABA richiama il tema delle “unmet legal needs”, soprattutto per le fasce a basso reddito, evidenziando come ampie porzioni della popolazione restino prive di assistenza legale adeguata. Una criticità che in Italia riecheggia con il dibattito sul patrocinio a spese dello Stato e sulla difficoltà di garantire una difesa effettiva e capillare sul territorio.

A incidere su questo scenario contribuiscono anche fattori generazionali. La Survey segnala una crescita più lenta dell’avvocatura giovane e difficoltà crescenti di retention, con segnali di burnout e di uscita anticipata dalla professione. Fenomeni che ricordano da vicino quanto accade anche nel nostro Paese, dove precarietà, redditi bassi e carichi di lavoro elevati spingono molti giovani a riconsiderare il proprio futuro professionale.

Il quadro che emerge dal report ABA è dunque quello di un’avvocatura in trasformazione, non troppo distante da quella italiana: più numerosa, più femminile, ma anche più polarizzata e diseguale. Due sistemi diversi, ma problemi sorprendentemente simili. Segno che la crisi della professione forense non è più solo nazionale, bensì globale, e che senza politiche di riequilibrio territoriale e di inclusione il rischio è un’avvocatura forte nei numeri, ma sempre più fragile nella sua funzione sociale e costituzionale.