Lunedì 22 Dicembre 2025

×

Caso Pelicot, l’avvocata El Bouroumi sospesa per una canzone

Quattro mesi di interdizione dall’esercizio della professione per il difensore di uno degli uomini accusati per gli stupri di Mazan: aveva pubblicato un video sulle note di Wake Me Up Before You Go-Go

22 Dicembre 2025, 16:58

19:01

Nadia El Bouroumi

L’avvocata francese Nadia El Bouroumi è stata sanzionata con quattro mesi di interdizione dall’esercizio della professione, di cui due con sospensione condizionale, per un video pubblicato sui social durante il processo dei cosiddetti “stupri di Mazan”. Una decisione che riaccende il dibattito, sempre più acceso, sul confine tra libertà di espressione dell’avvocato e doveri di misura, decoro e delicatezza imposti dalla professione.

El Bouroumi, 46 anni, stile diretto e spesso provocatorio, difendeva due imputati nel maxi-processo in cui Dominique Pelicot è stato condannato per aver drogato per anni la moglie Gisèle allo scopo di violentarla e farla violentare da decine di uomini. Nel pieno del procedimento, l’avvocata aveva pubblicato una video girato nella propria auto in cui cantava e ballava sulle note di Wake Me Up Before You Go-Go degli Wham!, un comportamento ritenuto incompatibile con la gravità del contesto giudiziario.

Il Consiglio regionale di disciplina della Corte d’appello di Nîmes ha però assolto El Bouroumi per un altro video, girato nell’atrio del palazzo di giustizia, in cui commentava un’udienza appena conclusa: in quel caso ha prevalso la tutela della libertà di espressione. La sanzione è invece arrivata per la seconda clip, giudicata una violazione dei doveri di “moderazione e delicatezza”. Il presidente dell’ordine di Avignone, Philippe Cano, aveva chiesto una pena ben più severa: 18 mesi di interdizione.
«Contestiamo questa decisione con la massima fermezza», hanno annunciato i due difensori dell’avvocata, Khadija Aoudia (foro di Nîmes) e Olivier Morice (foro di Parigi), annunciando immediatamente l’appello. «È una mezza vittoria – ha spiegato Morice – perché il Consiglio ha riconosciuto che una parte dell’espressione pubblica dell’avvocato rientra pienamente nelle libertà fondamentali. La sanzione inflitta è molto più moderata di quanto richiesto e ridimensiona l’impostazione accusatoria».

L’appello renderà la decisione non immediatamente esecutiva, consentendo a El Bouroumi di continuare a esercitare in attesa del nuovo giudizio. Ma il cuore della battaglia è di principio. Secondo la difesa, la libertà di espressione dell’avvocato – riconosciuta in modo costante dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e della Corte europea dei diritti dell’uomo – «non può essere ridotta a una parola policée o asettica». Al contrario, «include per sua natura la possibilità di adottare un tono provocatorio, persino cinico».

Il caso El Bouroumi va ben oltre la singola sanzione disciplinare. Interroga una professione confrontata con una trasformazione profonda: la giustizia non si svolge più solo in aula, ma anche nello spazio mediatico e digitale. Social network compresi. Dove passa, allora, il confine tra comunicazione legittima e mancanza disciplinare? E fino a che punto l’Ordine può – o deve – intervenire senza comprimere una libertà che resta uno dei pilastri del diritto di difesa?