Tamar Megiddo è professoressa di diritto internazionale della Hebrew University di Gerusalemme e componente del “Forum dei professori di diritto per la Democrazia”, organizzazione impegnata nella difesa dello Stato di diritto e dei diritti umani in Israele.

Gli articoli di Megiddo sono stati pubblicati su importanti riviste accademiche, tra cui l’Harvard International Law journal e lo Yale Journal of International Law. Megiddo studia da tempo il tema dell’annessione territoriale. La guerra in corso contro Hamas nella Striscia di Gaza non riguarda solo tattiche e strategie militari, ma impegna in prima linea anche gli avvocati. «Il diritto internazionale – dice al Dubbio la professoressa Megiddo - continua a fungere da punto di riferimento. Israele impiega centinaia di avvocati sia all’interno dell’esercito che in vari Dipartimenti governativi per garantire che la sua condotta sia conforme al diritto internazionale. Quando il mondo critica lo sforzo bellico di Israele, lo fa, pertanto, proprio in riferimento agli standard indicati dalle norme del diritto internazionale. Tutto ciò da solo non garantisce che la legge venga effettivamente rispettata nella condotta sul campo. Da tempo, io e i miei colleghi esprimiamo preoccupazione in merito alle politiche e alle pratiche di Israele che vanno oltre quanto consentito dalla legge».

Megiddo, con altri importanti giuristi israeliani, ha firmato una serie di appelli rivolti alle più alte cariche politiche, giudiziarie e militari in cui si evidenzia la commissione di crimini perseguiti dal diritto internazionale. La fame, per esempio, è stata più volte considerata un'arma di guerra e la morte di migliaia di palestinesi nella Striscia di Gaza ha aperto un dibattito nell’opinione pubblica e tra i giuristi sull’operato dello Stato d’Israele. «Il livello stabilito dalla Corte Internazionale di Giustizia per la determinazione del genocidio – spiega la professoressa della Hebrew University - è estremamente elevato. Trovo difficile, a questo punto, valutare se la Corte possa ritenere Israele responsabile di questo crimine. Tuttavia, ritengo importante sottolineare che, anche se Israele fosse completamente scagionato dall’accusa di genocidio, è del tutto possibile che molte delle sue politiche e azioni costituiscano altre violazioni, altrettanto gravi, del diritto internazionale, come crimini di guerra e crimini contro l’umanità, che comportano requisiti probatori meno rigorosi. In questo senso, l’ossessione del dibattito pubblico sul genocidio potrebbe essere controproducente e distogliere l’attenzione dalla necessità di garantire che non si verifichino altri crimini contemplati dal diritto internazionale».

Il governo Netanyahu ostenta sicurezza ed è convinto che le azioni intraprese a Gaza non saranno perseguite dalla giustizia internazionale. Attenzione, però, mette in guardia Tamar Megiddo: «Benjamin Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant, sono destinatari di un mandato di arresto della Corte penale internazionale. Secondo la giurisprudenza della Cpi, ciò significa che ciascuno dei 125 Paesi firmatari dello Statuto di Roma è obbligato ad arrestarli, se ne hanno l’opportunità, e a consegnarli alla Corte stessa. Detto questo, abbiamo già visto diversi Paesi europei esprimersi contro questa interpretazione dell’Aia e insistere sul loro obbligo consuetudinario di concedere a Netanyahu l’immunità dall’arresto per la carica che ricopre. In ogni caso, dubito che Netanyahu corra rischi e probabilmente si asterrà dal visitare o, come abbiamo già visto, persino sorvolare Paesi che potrebbero essere inclini ad arrestarlo ed estradarlo. È probabile che ciò accada anche quando alla fine lascerà l’incarico e perderà l’immunità quale primo ministro».

Sono questi i giorni più tristi per Israele? «È una domanda molto appropriata», afferma Megiddo. «Sì – aggiunge -, sono giorni molto tristi. Siamo addolorati per la guerra e per la devastazione in corso sulla Striscia di Gaza. Siamo anche estremamente preoccupati per il destino di Israele, per l’attacco del governo allo Stato di diritto e alle istituzioni democratiche, che credo abbia facilitato il grado di distruzione che vediamo a Gaza».

Un’ultima riflessione Tamar Megiddo la dedica all’opinione pubblica israeliana, particolarmente critica nei confronti delle decisioni del governo Netanyahu per ottenere il rilascio degli ostaggi del 7 ottobre. «Le manifestazioni di piazza – commenta Megiddo - mostrano costantemente che l’ 80% dell’opinione pubblica israeliana sostiene un accordo sul rilascio degli ostaggi e la fine della guerra. I cittadini israeliani chiedono già da molti mesi la fine della guerra e un accordo. Con gli scioperi e le proteste delle ultime settimane è stato chiesto al governo di astenersi dall’estendere la guerra a Gaza City e di accettare l’accordo di cessate il fuoco parziale per il rilascio degli ostaggi al quale Hamas ha aderito e che il governo ha sostenuto in passato».

Richieste ignorate dal governo Netanyahu con il primo ordine di evacuazione su vasta scala per Gaza City emesso ieri dall’Idf. Tutti i civili palestinesi devono abbandonare immediatamente l’intera città, prima di una imponente offensiva militare di terra contro Hamas.