«Guardi, mi trovo in una duplice difficoltà, di fronte alla scelta compiuta dalla Corte costituzionale. Da una parte la Corte dichiara l’incostituzionalità della norma che, per gli ergastolani ostativi, consente la liberazione condizionale solo se collaborano, ma lo dichiara senza perfezionare la decisione perché ritiene che il Parlamento debba predisporre una legge ordinaria in modo da non compromettere contrasto alla mafia e premialità per chi si pente. E già qui si tratta di una pronuncia senza precedenti, solo in parte assimilabile alla decisione sul fine vita. Dall’altra parte, è veramente problematico commentare non un’ordinanza ma un comunicato stampa. Che per forza di cose deve essere sintetico. E che dunque non può soddisfare tutti gli interrogativi né eliminare alcune perplessità». Giovanni Maria Flick è schietto nell’esprimere una valutazione non del tutto entusiastica della notizia venuta da Palazzo della Consulta. L’ergastolo ostativo senza possibilità di liberazione, neppure di fronte alla certezza del ravvedimento, è giudicato chiaramente illegittimo, eppure la Corte ritiene di non poter rendere, almeno per un anno, efficace tale pronuncia prima che il legislatore abbia preparato una pista d’atterraggio sicura.

È una sentenza inedita?

È solo in parte assimilabile alla scelta con cui nell’ottobre 2018 la Corte concesse un anno di tempo al Parlamento per disciplinare il fine vita. Scelta che, vista l’inerzia legislativa, fu seguita dalla declaratoria di parziale illegittimità arrivata esattamente un anno dopo. C’è l’analogia del termine imposto al legislatore ma, come chiarì definitivamente la sentenza del 2019, in quel caso la pur complessa opzione era legata alla necessità di dichiarare non punibile l’aiuto al suicidio in determinati casi senza negare, nello stesso tempo, la tutela di soggetti più deboli in generale. Allora si disse che la Corte si era spinta un po’ oltre i propri confini. Nella decisione appena sintetizzata dal comunicato, sembra si vada ancora un po’ più oltre. Soprattutto perché viene indicato un necessario intervento per legge ordinaria, un precauzionale argine normativo a possibili ricadute sulla lotta alla mafia e sulle collaborazioni. Sembra si vada al di là del perimetro che la Costituzione alla Consulta.

La valutazione della Corte sui necessari interventi per legge ordinaria complica le cose?

Può complicarle nella misura in cui non sappiamo cosa accade se il Parlamento, come avvenne per il fine vita, resta inerte. Dato che la Corte ritiene necessario preservare sia ogni forma di contrasto della criminalità sia l’efficacia dei meccanismi premiali per chi collabora, quale sarà la strada percorribile se il Parlamento non dovesse piantare quei paletti?

Se negare il diritto alla liberazione condizionale è illegittimo, vuol dire che la Corte, nel riconoscere tale illegittimità, accetta anche che quel diritto resti sospeso per un altro anno ancora: è così?

È una delle ragioni che mi inducono a dirmi perplesso. Una norma o è incostituzionale o non lo è. Oltretutto, dal comunicato la Corte sembra chiarissima nell’indicare quali principi sono violati: l’articolo 3 della Costituzione, dunque l’uguaglianza e la ragionevolezza, e l’articolo 27, secondo cui fine della pena deve essere rieducativo ed esiste perciò un diritto alla speranza per qualsiasi condannato. Subordinare la liberazione condizionale ad unico presupposto immodificabile, salvo eccezioni, vale a dire la collaborazione, è inoltre, secondo la Corte, in contrasto con l’articolo 3 della Convenzione europea. Eppure, di fronte a una illegittimità cosi chiara e cosi chiaramente affermata, non si perfeziona la decisione. O almeno così sembra. Parliamo pur sempre di un comunicato stampa, non di un’ordinanza.

Qualora un ergastolano ostativo che non si è pentito, ma del quale il giudice abbia già apprezzato l’effettivo e sicuro ravvedimento, nell’attesa che il legislatore eventualmente introduca le precauzioni invocate dovesse morire, ci troveremmo di fronte a una persona che non ha potuto beneficiare di un diritto nonostante la stessa Corte ne avesse accertato l’intangibilità. Come la mettiamo?

È una situazione che non piace. Nelle poche parole che inevitabilmente la Corte poteva affidare a un comunicato, si ricorda come detto la necessità di non compromettere gli effetti premiali della collaborazione. Il che è giustissimo. Si inserisce esattamente nel discorso già proposto dalla Corte stessa secondo cui è necessario premiare chi collabora, ma non è possibile punire chi non collabora. Ripeto, oltre a tutte le conseguenze problematiche che possono derivare da un regime di sospensione, da una pronuncia che congela gli effetti di quanto afferma, c’è quell’interrogativo molto pratico: cosa avviene se il Parlamento non agisce, o se ribadisce la propria contrarietà all’abolizione o alla modifica dell’ergastolo?

Ne sapremo di più, forse, quando leggeremo l’ordinanza. La sospensione è tanto più problematica se si pensa alla rilevanza del pregiudizio di cui si discute. Come è stato più volte detto in passato, l’ergastolo è da considerarsi una “pena di morte” civile. E in quanto tale, nella sua definizione, è una pena in contrasto con la Carta. Non lo è nella sua attuazione soltanto perché la liberazione condizionale fa in modo che quella morte civile, a determinate condizioni, possa essere scongiurata. L’ostatività è un’eccezione evidentemente non sopportabile. La Corte lo dice con estrema chiarezza. Sul merito, la valutazione della Consulta è coerente con i principi appena richiamati. Solo che la Corte fa un passo in più e almeno per un anno non se ne avranno conseguenze. Non c’è una contraddizione in tutto questo? La Corte è chiamata a giudicare sulla legittimità costituzionale delle leggi, non sul loro inserimento in modo adeguato nel sistema di contrasto alla criminalità.

Presidente, la Corte legittima lo stato d’eccezione di fronte ai reati di mafia?

No, per la chiarezza sopra ricordata con cui afferma che è incostituzionale subordinare alla collaborazione la liberazione condizionale dell’ergastolano ostativo. Non vedo un pericolo di sdoganamento dello stato d’eccezione. Casomai c’è un ulteriore piccolo passo oltre i confini della Consulta quando si parla di compatibilità con il quadro delle leggi ordinarie in materia. È del tutto inconsueto. La Corte non può entrare nel campo d’azione del legislatore.

Già la maggioranza è divisa, sulla giustizia. Adesso il quadro sarà ancora più complicato, anche per la guardasigilli Cartabia.

Non riesco a immaginare uno sconvolgimento politico considerato anche il tempo ormai breve che separa il Parlamento dalla fine della legislatura. Ma a me le valutazioni politiche non interessano e soprattutto non competono. Sta di fatto che con la decisione appena comunicata, la Corte costituzionale ha compiuto un passo inedito, perché nel passato ha più volte ripetuto i cosiddetti moniti al legislatore, ma non li ha collegati a una affermazione esplicita di incostituzionalità nei casi in cui ha ritenuto inammissibile la domanda che le si rivolgeva, ancorché fondata nel merito.