Senatore Verini, da via Arenula arriva la proposta di spostare nelle comunità di recupero i tossicodipendenti attualmente in carcere: è d’accordo?

Quando si parla di intervenire sulle carceri per ridurre il sovraffollamento e rispettare i principi di recupero e umanità previsti dalla Costituzione il Pd c’è e ci sarà. La consideriamo una vera emergenza del paese. Ma diffido molto dei proclami a cui ci ha abituato questo ministro, che mentre lancia effluvi di interviste, progetti e proposte, molti dei quali non faranno un passo, al tempo stesso è lo stesso che accetta che vengano drasticamente ridotte le videotelefonate nelle carceri tornando ai livelli pre covid ed è lo stesso che ha fatto tornare a dormire in carcere centinaia di detenuti che godevano della semilibertà e che durante il covid lavoravano all’esterno ma non tornavano a dormire in carcere. Con cinismo e crudeltà hanno rifiutato qualsiasi nostra proposta di prorogare quelle norme.

Non pensa che su questo punto specifico ci possa però essere un dialogo con l’opposizione, a partire dal Pd?

Fermo restando la nostra diffidenza, visto che si tratta soltanto di un annuncio, nel merito l’impressione è che si voglia trasferire il concetto di detenzione invece che in carcere in un altro luogo chiuso. È del tutto evidente che migliaia di tossicodipendenti in carcere non ci debbono stare, ma l’impressione è che il Ministero pensi solo alla parte coattiva e non al principio terapeutico e sociale della pena alternativa al carcere.

Cosa non la convince dei percorsi che i detenuti tossicodipendenti potrebbero intraprendere nelle comunità?

Queste persone hanno bisogno di percorsi alternativi che non siano solo detentivi, seppure in comunità, ma terapeutici, relazionali e lavorativi molto personalizzati. C’è bisogno di una forte sinergia tra Giustizia, Sanità, Lavoro, Regioni. L’idea di toglierli dal carcere e rinchiuderli da un’altra parte di per sé ha questo limite, per quello che è stato l’annuncio fatto. Poi certo ne discuteremo quando Nordio vero in Parlamento a parlarne.

E a questo proposito vorrei dire che sarebbe coerente anche ragionare sul tema della legalizzazione della cannabis. Noi siamo contro le dipendenze, ma queste destre non siano ipocrite: la cannabis non è legale, ma è liberalizzata perché si trova ad ogni angolo di strada. E a controllare il traffico sono mafie e criminalità organizzata. Una legalizzazione potrebbe contribuire in modo serio a tagliare profitti illeciti alle mafie e a ridurre anche il numero di ragazzi dentro le carceri.

Ci sono comunità di recupero che garantiscono questi percorsi, no?

In teoria sì, ma parliamo di migliaia di persone e vogliamo fare in modo che non sia una modalità per dire “togliamoli da li, mettiamoli da un’altra parte e buttiamo la chiave”. Se mandiamo migliaia di persone nella attuali comunità, che conducono un’attività di straordinario valore, siamo sicuri che queste reggerebbero? È uscito un comunicato del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza che ribadisce la necessità di pensare pene alternative al carcere per i tossicodipendenti ma anche che le comunità non vanno pensate come surrogati delle carceri o come carceri private. Son d’accordo con Caterina Pozzi, presidente del Cnca, quando dice che il messaggio che deve passare è “Educare, non punire”.