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Il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto assicura: quella di cui si discute è una proposta per riformare l’ordinamento giudiziario. C’è tutto il tempo per fare correttivi e accogliere suggerimenti volti a migliorare il testo.
Il messaggio è rivolto anche al presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco, che ha parlato di «occasione persa». «Il presidente del Cnf – dice Sisto – avrà occasione, se riterrà, di intervenire sui singoli punti, per offrire un contributo a quello che sarà il dibattito politico, di governo e poi parlamentare». Il viceministro della Giustizia sottolinea come sia necessario «un deciso segnale di mutamento all’interno dell’ordinamento giudiziario, che possa avvicinare sempre più la giustizia alle esigenze dei cittadini».
Viceministro Sisto, in riferimento alla bozza di riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm si sono alzate tante voci anche molto critiche. Siamo di fronte a una riforma corporativa, scritta da magistrati per non disturbare la magistratura?
Mettiamo un po’ di ordine. Il lavoro, per la verità ultrarapido, della Commissione Galoppi costituisce solo una proposta per lo schema di decreto legislativo riveniente dalla legge delega Cartabia sull’ordinamento giudiziario. Il ministro Nordio, nella sua notoria correttezza, sottoporrà tali esiti alle valutazioni delle forze politiche della coalizione, partendo da quelle “interne”, viceministro e sottosegretari, per gli approfondimenti del caso. Poi vi sarà il passaggio in Cdm e successivamente vi saranno i pareri delle Commissioni parlamentari, di cui, anche qui notoriamente, il ministro ha grande considerazione. Questo il percorso. Aggiungo che non si tratta di una lettura nuova, perché anche in passato, sia sulla legge delega sia sui decreti legislativi, i responsi delle Commissioni tecniche non hanno mai avuto il crisma anticipato della definitività, anzi. Sono stati infatti modificati, anche profondamente, sia da riflessioni interne al ministero della Giustizia sia da indicazioni proprie del governo, come pure dalle scelte delle Commissioni parlamentari di merito. Nulla è così compromesso: su di una semplice proposta la riflessione politica e quella parlamentare possono portare a intervenire per verificare metodo e merito. Nessuna commissione può scrivere, da sé, un provvedimento legislativo.
Tante attenzioni sono rivolte al fascicolo di valutazione del magistrato. Si prendono in considerazione i “dati statistici” e si tiene conto delle “gravi anomalie”. È stato fatto notare che anche se un magistrato ha sbagliato molto può comunque fare carriera. C’è qualcosa da rivedere in questa impostazione?
C’è da prendere atto che molte volte la ricerca affannosa, talvolta ossessiva, delle definizioni può giocare brutti scherzi all’interpretazione, correndo il duplice rischio di inibire l’esercizio corretto della discrezionalità e di snaturare alcuni principi. È una patologia non infrequente: quando si cerca di definire troppo, con minuziosità a profusione, l’eccesso può incidere sul funzionamento dei meccanismi. L’ho detto anche durante i lavori della Commissione Galoppi: ritengo che non si debba definire il concetto di “grave anomalia”. Toccherà poi a chi dovrà, volta per volta, giudicare il comportamento del singolo stabilire se è “grave anomalia” un unico comportamento molto grave o se non costituisce “grave anomalia” una pluralità di comportamenti che possono essere meno gravi. Mi sembra che il tentativo di definire quantitativamente e qualitativamente l’anomalia nella sua gravità presti il fianco alla naturale complicazione sulla possibilità di valutare serenamente l’opera di ciascun magistrato, come avviene per tutte le categorie lavorative di questo paese.
In merito al tema dei fuori ruolo il passaggio da 200 a 180 è poca cosa. Si poteva fare molto di più?
Torno a dire che si tratta di una proposta della Commissione Galoppi. Siamo di fronte a un dato che non è assolutamente definitivo. Seguendo anche quelle che sono state le dichiarazioni in merito del ministro Nordio, lo sforzo appare minimo nella esecuzione della delega, peraltro molto precisa. Sarà di sicuro compito della politica, del governo e anche delle Commissioni stabilire se una riduzione di soli 20 magistrati, pari al 10%, possa rispondere allo spirito della delega, come pure valutare l’ortodossia di alcune esclusioni dalle regole scritte nel provvedimento.
Il presidente del Cnf Francesco Greco ha parlato di “occasione persa”. Una delusione giustificata?
Si tratta di un giudizio prematuro e lo dico con tutto l’affetto che nutro per il presidente Greco. È chiaro che se le cose rimanessero così, la sua opinione potrebbe avere un qualche fondamento. Credo però che la strada di questo decreto legislativo sia ancora lunga. Siamo, lo ripeto, di fronte ad una idea, una proposta articolata quanto unilaterale e non politica. Spetta invece proprio alla politica assumersi la responsabilità delle decisioni definitive. Il presidente del Cnf avrà occasione, se riterrà, di intervenire sui singoli punti, per offrire un contributo a quello che sarà il dibattito politico, di governo e poi parlamentare.
L’avvocatura non nasconde perplessità anche sul “voto unitario” nei Consigli giudiziari: lei da avvocato cosa ne pensa?
Noi dobbiamo evitare che l’avvocato nei Consigli giudiziari diventi un potentato uti singuli: il voto deve essere dell’avvocatura. Ritengo che il rispetto della determinazione del Cnf o del Consiglio dell’Ordine sia certamente più consono al luogo in cui quel voto viene espresso ed alle ragioni che lo determinano. D’altronde questo è già nella legge delega.
Via Arenula come agirà rispetto alla bozza di decreto legislativo? Il ministro Nordio potrebbe chiedere di rivedere il documento?
Come nelle fattispecie a formazione progressiva, in cui ogni step è inscindibilmente collegato al successivo, la proposta della Commissione, come detto, ripassa attraverso la valutazione del ministro, del viceministro e dei due sottosegretari. Dopo questo passaggio, a mezzo dell’ufficio legislativo, le ulteriori riflessioni e determinazioni confluiranno in uno schema di decreto legislativo per l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri: poi toccherà alle Commissioni parlamentari di merito. C’è tutto il tempo per poter approfondire ogni singolo tema: a questo è servita la proroga di sei mesi per l’esercizio della delega, ad evitare frettolosità e ansia da prestazione. Parliamoci chiaro: è necessario un deciso segnale di mutamento all’interno dell’ordinamento giudiziario che possa avvicinare sempre più la giustizia alle esigenze dei cittadini. Il punto di riferimento delle riforme, lo dico spesso, non sono i sacerdoti ma sono i fedeli.
In questo contesto il suo partito, Forza Italia, vigilerà sulla realizzazione del programma?
Forza Italia sui temi della giustizia è sempre stata in prima linea per l’affermazione chiara e netta dei principi costituzionali. Saremo vigili controllori, affinché il programma di governo, approvato dalla coalizione e condiviso dai cittadini, sia realizzato. Questo il nostro compito. Per difendere i princìpi del 27, del 101, 104 e 111 della Carta costituzionale, noi forzisti, con la guida di Antonio Tajani, siamo pronti a tutto, e di più.