Come Napoleone, anche Salvini sembra essere arrivato a Mosca, dove il suo destino si compie. Né poteva essere diversamente, i successi della sua Lega sono ottenuti contro la storia, sono conquistati camminando su di un ghiaccio che si fa sempre più sottile e lui non è un peso piuma.

I voti raccolti alle ultime Europee sono andati tutti in crusca, come la farina del diavolo, perché alla fine dei giochi, Salvini ha dovuto riconoscere di non essere riuscito a farsi promettere un posto dignitoso al tavolo della Commissione e si è ritrovato in minoranza, senza peso politico. Ursula von der Leyen non ha neppure voluto incontrare di persona il rappresentante dei leghisti nel Parlamento Europeo, nonostante essi dispongano di uno dei gruppi maggiori e lei avesse un bisogno disperato di voti, tanto da farsi piacere quelli dei sovranisti polacchi e persino dei Cinque Stelle, che alla fine sono risultati decisivi.

È la collocazione politica della Lega a renderla a suo modo innocua.

Un partito nostalgico, che in un anno di governo è riuscito solo a sfogare una rabbia frustrata contro una popolazione di sfruttati e perseguitati che sarebbe doveroso aiutare, soprattutto per chi va in giro sbandierando rosari, sconfitto pure da Carola e dal suo vecchio rimorchiatore, non fa paura a nessuno. Come molti anziani, la Lega è il partito più vecchio d’Italia, gli manca il fiato, non va lontano, alla prima difficoltà entra in affanno. Per questo indicarlo come il nemico da battere da parte del Pd appare come un gesto insieme miope e vile. Maramaldeggiare su Salvini e la sua Lega non risulta difficile, il rischio vero è quello di consegnarsi, mani e piedi legati, alle manovre dei Cinque Stelle, che nella loro generica sprovvedutezza sono comunque politicamente più attrezzati. Per ragioni storiche, non individuali, che la qualità del personale politico di cui dispongono è sotto gli occhi di tutti e fa rimpiangere il sorteggio caro alla democrazia dell’Atene di Pericle.

Buona parte dell’ideologia del Novecento è ridotta in pieno Duemila a un ingombrante e inutile album di ricordi, e conviene essere privi di passato che averne uno complicato, così si cammina veloci e si può cambiare strada in fretta, non ci sono inerzie a spingerti di qua o di là. Persino Di Maio ha buon gioco a scrivere lettere ai giornali tentando di imitare lo stile doroteo, come ha fatto sul Sole, senza provocare rotture. Votare o non votare per Ursula von der Leyen non sembra avere alcun collegamento con posizioni precedenti prese nei confronti della Germania, della Francia, dei burocrati di Bruxelles o della Merkel in persona. Come ricorda il personaggio di un vecchio western “nel duello col coltello non ci sono regole”. Vivere senza passato consente di vivere senza presente, di affrontare le questioni dell’Alitalia a dell’Ilva, oggi AmInvestCo, con la leggerezza di Heidi, alla quale le caprette fanno ciao. Un mondo fantastico, senza base reale, per questo pericoloso. Il resto del mondo ha i piedi per terra e con quelli cammina in un’altra direzione.

Il demone tenta i Pd. Se a Bruxelles i loro voti confluiscono con quelli dei Cinque Stelle, che lì sono appena 14 contro i 19 democratici, creando l’illusoria situazione di ribaltamento delle prospettive, un po’ come guardare in un binocolo rovesciato, perché non si può fare lo stesso a Roma? Dopo aver sopportato l’alleanza dei vincitori, l’Italia ha ben diritto a un giro sulla giostra degli sconfitti. Un anno di astinenza dal governo ha messo a dura prova un partito che si considera vocato a quel compito e vive nello stupore di non esserci chiamato a furore, se non di popolo almeno di qualcun altro. La scusa è pronta, molti si preparano all’estremo sacrificio di accettare una carica ministeriale pur di scacciare da quel posto un odiato leghista. Che questo proietti i Cinque Stelle verso l’eternità del doppiofornismo andreottesco non li spaventa. Unico conforto la posizione di Scalfari. Il seppellitore di tutte le proposte politiche avanzate in quarantacinque anni si è pronunciato per l’abbraccio PD - Cinque Stelle: forse noi siamo salvi e Salvini, come Napoleone, può godersi la campagna di Francia. Prima di ritirarsi all’Isola d’Elba.