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Ciro Maschio, presidente della commissione Giustizia a Montecitorio
«Non c’è solo la prescrizione. È un disegno ampio, una riforma organica. Noi in commissione saremo attenti a lavorare in modo che le tessere del puzzle si compongano al meglio». Ciro Maschio presiede uno snodo nevralgico: la commissione Giustizia di Montecitorio. Diventata nel giro di pochi giorni il crocevia del “programma Nordio”, e non solo. Perché nell’organismo guidato dal deputato di Fratelli d’Italia sta per essere incardinata la prima vera riforma penale della legislatura firmata dal partito di Giorgia Meloni: il ritorno alla prescrizione sostanziale. E il nome di Maschio è il primo riportato in calce alla proposta di legge.
Ma adesso anche Nordio si prepara ad articolare, in uno dei maxi ddl annunciati per maggio, le norme che archiviano la prescrizione di Bonafede. Voi alla Camera, a questo punto, andate in “time out”?
Noi cominceremo l’esame delle proposte di legge parlamentari sulla prescrizione. Ci sono due testi. Enrico Costa di Azione ne ha presentato uno a inizio legislatura. Il nostro è leggermente diverso: ne sono il primo firmatario ma è sottoscritto da tutti i nostri rappresentanti in commissione, a cominciare dalla capogruppo Carolina Varchi. Intendiamo lavorare in uno spirito di apertura al confronto. Innanzitutto con Costa: le due proposte di legge saranno abbinate, ovviamente. Ma mi riferisco al dialogo con tutte le forze di maggioranza e di opposizione. Quanto alla tempistica, l’esame sulla prescrizione è previsto nel calendario dei prossimi due mesi.
Cosa accadrà quando avrete sul tavolo anche il testo di Nordio?
Verificheremo la proposta del guardasigilli. Se sarà sovrapponibile all’articolato dalla commissione, si potrà approvare il testo. Se ci fossero differenze, vedremo se integrare la proposta del Parlamento con quella del governo o allineare il nostro schema all’impostazione dell’esecutivo. Ma non mi pare che sia il dettaglio della singola legge a chiarire bene il tipo di impegno che ci attende.
Cosa intende dire?
Che è in preparazione un ridisegno ampio della giustizia, che toccherà diversi aspetti del processo e del sistema penale. Ogni tessera andrà armonizzata col resto. Partiti e governo, Parlamento e ministero della Giustizia si avviano a lavorare su un ampio spettro di modifiche. Non si può discutere della prescrizione come se costituisse la sola novità in arrivo.
In ogni caso il vostro obiettivo è chiaro: ripristinare il regime sostanziale.
Certo. È un progetto che Fratelli d’Italia considera fra le urgenze principali in campo penale. Un processo senza fine dissolve già di per sé le garanzie: se la distanza di tempo diventa abnorme, è impossibile trovare elementi, testimonianze, necessari alla difesa. E noi abbiamo sempre considerato la tutela dei diritti nel processo importante quanto la certezza della pena per chi è riconosciuto colpevole. Nella precedente legislatura ci siamo opposti sia alla legge Bonafede sia all’improcedibilità di Cartabia.
Vuol dire tornare alla legge Orlando?
La legge Orlando è lo schema di massima, rispetto al quale noi immaginiamo alcune modifiche. Alcune sospensioni in casi particolari e una durata diversa della prescrizione in altre circostanze in cui è necessario. In ogni caso non si tratta di giochetti, ma di revisione tecnico giuridica. Mi riferisco a una battuta dello stesso Andrea Orlando, che esibisce una diffidenza poco comprensibile. A meno che non si tratti di perplessità legate alla precedente maggioranza di cui il Pd ha fatto parte. Spero non si tratti cioè di una freddezza che ha origini esclusivamente politiche, slegata dal merito dell’intervento sulla prescrizione.
Sono in arrivo diverse modifiche in campo penale. E tutte richiederanno un dialogo anche con l’Anm. Ma sulla separazione delle carriere, quel dialogo resta un miraggio.
Sono da sempre un fautore del dialogo con la magistratura sui testi normativi e non dello scontro sui media. La separazione delle carriere è una materia richiamata nel programma di governo. E l’iter è non a caso già cominciato, in prima commissione qui alla Camera. Tengo a tornare al punto chiave del discorso: non deve trattarsi di leggi spot ma di un disegno organico, e anche il tema separazione delle carriere non può procedere scollegato, ma va armonizzato con questa architettura complessiva. Distinguere sul piano ordinamentale giudici e pm comporta ricadute sulla struttura del processo. E sul processo ci sono diversi interventi in campo, sia di matrice parlamentare che governativa. Quando dico che tutto deve essere in sintonia col resto, nessun aspetto è escluso, neppure la separazione delle carriere.