Non sarà certo sulle riforme istituzionali che si giocherà il futuro del governo Conte 2. Sarà sulla capacità di dare risposte ai problemi del Paese e dipenderà, in primo luogo, dalla flessibilità economica e dalla solidarietà sul tema dei migranti che riuscirà ad ottenere dall’Unione europea. E qui sarà onore e onere del prestigioso “quartetto di mischia” tutto Pd ( Sassoli, Gentiloni, Gualtieri, Amendola), che, anche dopo l’uscita di Draghi dalla Bce, interloquirà con l’Unione in una rinnovata condivisione dei comuni principi europei.

Tuttavia, il tema delle riforme può avere una sua importanza, contenutistica e temporale. Nel discorso programmatico del Presidente del Consiglio si è fatto riferimento al taglio del numero dei parlamentari, ad interventi di stabilizzazione dell’esecutivo, alla riforma della legge elettorale. Si tratta di temi tradizionalmente sul tappeto nella discussione istituzionale. La riduzione del numero dei parlamentari, giunta ormai alla terza votazione delle quattro costituzionalmente necessarie, sembra un passaggio da cui non si riesce a tornare indietro, non apparendo rinunciabile da parte del M5S, che ne ha fatto argomento della sua posizione politica. Sono stati avanzati dubbi sulla bontà di questa drastica riduzione ma, nonostante le apparenze, un simile intervento è accettabile dal Pd se accompagnato da alcuni ulteriori interventi riformatori, di livello costituzionale e ordinario.

Sono anni, infatti, che si discute di scegliere tra Parigi ( elezione diretta del Capo dello Stato e regime semipresidenziale) e Berlino ( forma di governo parlamentare, con un ruolo forte del Capo del Governo e legge proporzionale). Negli anni passati c’era stata sicuramente stata una forte spinta verso sistemi maggioritari e verso l’adozione del regime semipresidenziale: nella Commissione Letta, il documento a favore di questo modello sfiorò la maggioranza dei componenti. Il centro- destra ha sempre preferito questo modello, che aveva trovato adepti anche nel centro- sinistra. Oggi, specie dopo la percezione che alcuni atteggiamenti di leader politici hanno lasciato nell’opinione pubblica, quella strada non appare più perseguibile.

E, allora, che Berlino sia, ma fino in fondo. E, insieme alla riduzione del numero di parlamentari e alla legge elettorale, si vada finalmente alla equiparazione dell’elettorato attivo e passivo tra le due Camere, e alla loro differenziazione funzionale, attribuendo la fiducia alla sola Camera dei deputati, introducendo la sfiducia costruttiva, rendendo il Senato rappresentativo delle autonomie e lasciandogli solo un ruolo di generalizzata rilettura nel processo legislativo. Ci sono altre emergenze istituzionali ma le principali ( regionalismo differenziato, status di Roma capitale) possono essere affrontate con normative di rango ordinario, in ragione della copertura costituzionale fornita dagli articoli 116 e 114 della Costituzione. Non bisogna ripetere l’errore di personalizzazione che fu compiuto nel 2016 e non bisogna aggiungere altra carne al fuoco: ma un intervento di questo tipo ridarebbe razionalità al nostro sistema istituzionale e, cosa non meno importante, può permettere di prendere il tempo giusto per arrivare quasi alla conclusione della legislatura.