Caro Direttore, ho letto il tuo fondo titolato “Il Paese oltre i bermuda “, ricco di mesta saggezza. Ti confesso che sotto una cenere di critica alla nostra classe politica vi ho scorto un eccesso di brace, rovente di ottimismo. Infatti ti conosco uomo allegro e ricco di speranza. Io lo sono un po’ meno, soprattutto nei confronti della politica.

Fai riferimento alla nostra situazione come eccezionale, conseguente a una serie di circostanze straordinarie che si sono accumulate in un mix unico, situato fra il comico e il paradossale.

Questo discende dall’osservazione dei fatti e delle persone, dal guardare chi sono e, soprattutto, come si comportano i nostri vicepresidenti del Consiglio, dei quali uno è più uguale dell’altro e decide tutto in bermuda e infradito, passando da una spiaggia all’altra, mentre il collega si rode il fegato, aspettando che i suoi compagni di movimento arrivino a strapparglielo. Nello stesso tempo c’è un signore a Palazzo Chigi che si aggira negli ampi saloni pensando di essere lui il presidente del Consiglio, colui che decide della politica italiana, come un Piccolo Principe attento a scoprire per tempo quali battute gli sono state assegnate per non sbagliarsi nel pronunciarle. Fra i suoi contributi al dibattito politico di quest’anno si segnala l’uso del termine “opera” per designare la Tav, in modo da dimostrarsi imparziale sul suo genere e non scontentare Travaglio e le sue fole di maschile.

Ebbene Direttore, hai ragione quando giudichi tutto ciò un po’ troppo folle per un paese civile, seconda manifattura europea e non si sai mai quantesima potenza economica mondiale, ma non ti fare eccessive illusioni: è così dappertutto. In Germania perde voti Angela Merkel, gli inglesi sono andati di testa da un pezzo e ormai un euro vale più di una sterlina, questo è un consiglio a chi ancora non ha fissato per le vacanze a settembre. Di Trump non ti sto a dire, che ci siamo capiti.

Il fatto è che la nostra buona vecchia democrazia, quella che in Italia era anche “Cristiana”, da qualche tempo perde colpi. Nel mondo si afferma la Cina, che di frivolezze come il suffragio universale o i diritti civili non vuol nemmeno sentir parlate, come si capisce da quello che succede a Hong Kong, e da nessuna parte ci si picchia per andare a votare, con l’eccezione gratificante di Istanbul. Forse i Turchi hanno parecchio da insegnarci. Qui in Europa solo nelle elezioni politiche si raggiunge il 50% in Francia, Spagna, Germania, Italia, Grecia, Portogallo e via dicendo. Qualche fiammata ogni tanto, come le ultime europee da noi, ma sono fuochi di paglia: i nostri partiti ( e movimenti) fanno precipitare il desiderio di recarsi alle urne.

Concordo alla perfezione su di un elemento di eccezionalità del nostro caso: la capacità stregonesca di vivere al governo e all’opposizione di Salvini. Nella popolazione dei votanti esiste un rapporto forte con il Movimento. Il 15 % lo ama, tutti gli altri lo odiano, con ragioni, emozioni e motivazioni diverse, ma con un sentire comune. La nuova segreteria del Pd è caduta nella gigantesca trappola, che con esuberante entusiasmo si è scavata da sola, di individuare nella Lega il vero nemico, lasciandole la più semplice incombenza di tenere a bada i 5 Stelle, sulla Tav, la prescrizione, l’estrazione di petrolio, le tasse e tutto il resto, permettendole dunque di stare al governo facendo opposizione all’altra metà del governo stesso, con una spruzzata di razzismo e nazionalismo insensato, che funziona sempre. Intanto l’inquilino di Palazzo Chigi si aggira per i saloni domandandosi dove sono tutti e perché lo hanno piantato da solo per andare al mare, senza lasciar detto cosa deve fare.

Come andrà a finire? Speriamo si voti presto, anche se alle urne saremo davvero pochi.