Matteo Orfini, ex presidente del Pd e ora “giovane turco” con un ruolo di primo piano nella rielezione di Sergio Mattarella, riguardo alla legge elettorale spiega che «occuparsi del funzionamento della democrazia è sempre una priorità», che «oggi il proporzionale è la linea del Pd perché così è stato votato nel momento in cui è stato accettato il taglio dei parlamentari», e sui problemi interni al M5S la famosa frase “Conte punto di riferimento fortissimo dei progressisti” «è stata consegnata alla storia e per fortuna non è più un tema».

Onorevole Orfini, i guai interni al Movimento 5 Stelle cambieranno qualcosa nell’alleanza con il Pd?

Penso che dobbiamo fare una riflessione più ampia. È evidente che è in corso una riorganizzazione del sistema politico. Ci sono tensioni nei Cinque Stelle ma anche nel centrodestra, in più c’è un lavorio al centro. Credo che ci stiamo misurando con il fallimento delle coalizione forzate e sta crollando il sistema che fino a qui si è retto su coalizioni obbligate da una legge elettorale che ti costringe ad allearti con gente diversa da te per prendere il premio di maggioranza. Forse dobbiamo pensare a un modello in cui i grandi partiti competono tra loro. E quindi a un proporzionale.

Molti, dalla Lega a Forza Italia, fino a Italia viva, dicono che il cambio della legge elettorale non è una priorità. Come può iniziare il percorso?

Quello di chi dice che non è una priorità è un argomento sciocco. Il Parlamento già ora si occupa di più cose contemporaneamente, dalla pandemia alla ripresa economica, e il funzionamento della democrazia è sempre una priorità. È ovvio che una legge pensata prima de taglio dei parlamentari non sia adatta dopo la riforma, perché provoca distorsioni evidenti nel processo democratico. Per questo abbiamo il dovere di cambiarla riprendendo il dialogo iniziato durante corsa al Colle.

Il Pd nasce come partito a vocazione maggioritaria: oggi si spinge verso il proporzionale perché è cambiato il partito o perché è cambiata la società?

Oggi il proporzionale è la linea del Pd perché così è stato votato nel momento in cui è stato accettato il taglio dei parlamentari. Scegliemmo di votare si al referendum legando quella scelta all’impegno ad approvare un leggere proporzionale, il “brescellum”, che fu anche incardinata in Parlamento. Sicuramente in passato ci sono state posizioni anche molto diverse ma è il taglio dei parlamentari che obbliga a una legge che mitighi gli effetti di quella riforma sulla rappresentanza.

Con il senno di poi, magari aveva ragione lei che si schierò tenacemente per il No.

Io feci comitati per il No e fui tra quelli che votarono no esplicitamente. Penso che tutta la vicenda sia stata un grave errore, ma ora dobbiamo evitare di sommare errori ad errori.

Pensa che il dialogo sulla legge elettorale debba partire proprio dal Movimento, anche dopo gli attriti vissuti sul Quirinale?

Intanto non mi sembra che sul Quirinale sia andato così male il rapporto coi Cinque stelle, al netto di momenti di tensione che in trattative così complicate sono fisiologici. Nei momento decisivi, cioè quando bisognava resistere all’affondo del centrodestra su Casellati e quando si è deciso di andare su Mattarella, siamo stati compatti. Ma sulla legge elettorale c’è bisogno di interloquire tutte le altre forze, a partire da quelle di maggioranza come Forza Italia e Lega.

Come proseguirà l’alleanza se dovesse venir meno alla guida del M5S il “punto di riferimento fortissimo dei progressisti”, cioè Giuseppe Conte?

Quella frase infelice mi sembra ormai consegnata alla storia. E per fortuna non è più un tema. Con Letta il Pd ha ripreso centralità e una propria iniziativa politica autonoma. Ora dobbiamo lavorare a una grande Pd capace di parlare a tutto il paese e che sia elemento di ricomposizione di tutte le forze riformiste e di sinistra. Mi piace immaginare un Pd che ambisca a percentuali molto alte come quelle che abbiamo saputo prendere in passato. E che sia casa per chi negli anni ha fatto scelte diverse.

Quindi non si preoccupa di chi assumerà la guida dei Cinque Stelle?

Il capo dei Cinque Stelle è giusto lo decidano loro e non un parlamentare del Pd. Sceglieranno loro e noi interloquiremo con grande rispetto con quello o quella che sceglieranno. Dopodiché penso che il proporzionale consentirebbe alle forze politiche, compreso il Movimento, di concentrarsi sul proprio profilo. Le alleanze si vedranno dopo.

Il papa ha parlato di lager libici e lei se l’è presa con l’ipocrisia di alcuni suoi colleghi. Ci spiega meglio?

Il papa ha detto la verità, cioè che quello che viene fatto ai migranti è criminale e che in Libia ci sono i lager. Ma questo è un sistema accettato e sostenuto dal governo italiano. Da quando Gentiloni firmò il memorandum Italia- Libia si costruita una cornice che di fatto ha consentito un sistema di questo tipo. Abbiamo affidato alla cosiddetta guardia costiera libica respingimenti illegali di migranti con il risultato di riportarli in quei lager con una continua e drammatica violazione dei diritti umani. Se si è d’accordo con il papa bisogna essere conseguenti e stracciare quegli accordi. Altrimenti scrivere tweet e poi rifinanziare gli accordi diventa solo solo un enorme esercizio di ipocrisia.