L’attuazione del Pnrr e la messa a terra delle risorse previste dal piano stanno mettendo in grave difficoltà il governo guidato da Giorgia Meloni. L’esecutivo si trova a dover far fronte ai ritardi fin qui accumulati nella progettazione e nella realizzazione delle opere.

In ballo c’è la terza rata da 19 miliardi sulla quale è stata avviata una trattativa con la Commissione europea e con lo stesso Gentiloni. Ma il fronte di pressione nei confronti dell’esecutivo cresce di giorno in giorno con i sindaci che si lamentano delle difficoltà operative e dei ritardi nell’elaborazione delle graduatorie. In maggiore ritardo il Sud del Paese e non sono mancate polemiche “geografiche”, come quella innescata da ultimo dal sindaco di Milano Sala con il governatore della Calabria Occhiuto sulla possibilità che i fondi non spesi vengano riassegnate alle amministrazioni più virtuose e in grado di sfruttarli. È il sistema Italia in generale che non appare muoversi con efficacia e omogeneità. Abbiamo fatto il punto con l’economista Giulio Sapelli.

Il governo guidato da Giorgia Meloni si sta scontrando con i ritardi accumulati nell’attuazione del Pnrr, ma rimanda le responsabilità agli esecutivi che lo hanno preceduto, compreso quello guidato da Mario Draghi. Da dove nascono gli attuali problemi?

Mi sembra davvero assurdo prendersela con questo governo per quello che sta succedendo in relazione all’attuazione del Pnrr. E non è certo neanche responsabilità di Mario Draghi. La situazione che stiamo vivendo parte da lontano e riguarda tutti i governi precedenti. A partire dal 2001 con la famigerata riforma Bassanini ha preso il via una deriva che ha creato un’infinità di contenziosi tra governo e Regioni e distrutto la burocrazia. Abbiamo assistito alla privatizzazione dei Ministeri dove non esistono più i direttori generali ma dei manager, alla cancellazione delle Province, alla distruzione delle Camere di commercio e all’annientamento della macchina amministrativa. E adesso qualcuno pensa di poter reintrodurre la legge di stabilità tramite la trappola per topi che è costituita dal Mes. Le responsabilità di tutto quello che sta avvenendo partono dalla liberalizzazione capitalista avviata dai cavalieri dell’apocalisse che sono stati Bersani e Letta. Mi sembra del tutto inutile attaccare il governo Meloni, così come stanno facendo le opposizioni.

C’è però da recuperare il tempo perduto per evitare di perdere risorse fondamentali per il futuro del Paese. In gioco, al momento, ci sono i 19 miliardi della terza rata. Esistono i margini per recuperare?

Certamente esistono i margini per recuperare. Per fortuna in Italia c’è tantissima gente per bene che lavora con professionalità e che deve aumentare i propri sforzi. Adesso possiamo contare sulla nuova legge sugli appalti che trovo fantastica e che deve essere sfruttata al meglio. Per migliorare ancora credo dovremmo andare verso l’abolizione dell’Anac (Autorità nazionale anticorruzione), considerando che non siamo né la Cambogia, né le Filippine. Ce la possiamo fare con un governo di unità nazionale che sappia fare gli interessi del Paese. Le opposizioni devono unirsi al governo e tutti insieme compiere lo sforzo massimo per applicare il Pnrr, recuperando il senso di dignità e di appartenenza alle Istituzioni.

Non servono polemiche, ma contributi fattivi sul solco di quanto avrebbero fatto in una situazione simile Togliatti e De Gasperi.

È in corso una trattativa con l’Europa e con lo stesso Gentiloni. Che sbocchi potrebbe avere secondo lei?

Non so che sbocco possa avere la trattativa, ma credo che l’Italia debba essere messa nelle condizioni di sfruttare al massimo le risorse che le sono state destinate. Credo che Gentiloni, prendendo esempio dai commissari di tutti gli altri Paesi europei, debba cominciare a fare veramente gli interessi dell’Italia.

Ci vorrebbe un Mario Draghi per avere maggiore rispetto in Europa e dare una sterzata alla programmazione?

Non ci vorrebbe nessun Draghi. Serve un governo eletto dal popolo e non servono di certo uomini della provvidenza. Abbiamo visto in Israele come si finisce affidandosi agli uomini della provvidenza. Serve un governo che funzioni, un governo di unità nazionale che sappia rimettere in moto la macchina statale. Serve aumentare la sinergia con i sindaci, i prefetti e tutte le amministrazioni locali. Dobbiamo fare il possibile con quello che abbiamo considerando il nostro apparato statale è stato completamente distrutto. Una situazione inaccettabile alla quale aveva provato a mettere rimedio Matteo Renzi, ma poi la modifica da lui proposta non è andata a buon fine.

Tutti «alla stanga» come ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella?

Esatto. Seguiamo il richiamo del presidente della Repubblica all’unità nazionale e mettiamoci tutti al lavoro. Prendiamo esempio dai grandi della nostra storia e riusciremo a sfruttare al massimo le risorse del Pnrr.

Non vanno in questo senso le polemiche tra amministrazioni del Nord e del Sud. Il sindaco di Milano Sala ha chiesto di dirottare le risorse non utilizzate verso chi le sa spendere, provocando la dura reazione del governatore della Calabria Occhiuto. La proposta di Sala era stata formulata ancor prima da Toti. Secondo lei è una strada percorribile?

Credo che il sindaco di Milano farebbe bene ad occuparsi di amministrare la sua città considerando che mi pare la stia distruggendo. Proposte come quelle formulate da Toti e Sala non sono praticabili, anzi le definirei folli. Procedendo in questa direzione si finirebbe soltanto con l’accrescere le differenze tra le varie aree del Paese. Credo, al contrario, che dovrebbero essere costituite delle task force di supporto alle amministrazioni del Meridione per renderle più efficienti nella programmazione della spesa. Non possiamo certo dare il via libera a proposte che non rispettano il principio di unità nazionale che è chiaramente sancito dalla nostra Costituzione.