Morassut: «Superficialità investigative e bugie: ecco perché voglio la verità su via Poma»
Intervista al deputato dem Roberto Morassut, che ha chiesto l'istituzione di una commissione di inchiesta per fare luce sull'omicidio di Simonetta Cesaroni
L'onorevole del Partito Democratico Roberto Morassut è il primo firmatario di una proposta per l' "Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'omicidio di Simonetta Cesaroni". Con lui i colleghi dem Michele Bordo e Walter Verini. È stata presentata il 29 giugno 2021 ma i lavori ancora non sono partiti. È questo il momento giusto?
Onorevole Morassut, tra i tanti casi irrisolti perché una commissione proprio sul delitto di via Poma?
La storia di Roma è piena di casi irrisolti. Chi uccise Romolo? E chi Cola di Rienzo? Tutti i papi sono morti di morte naturale? Fiammetta Michaelis, amante di cardinali e porporati, morì davvero per morte naturale? Perché scomparve la sua sepoltura? E per li rami arriviamo ai nostri anni, al dopoguerra, così pieno di casi irrisolti. Mi sono interessato a diversi di questi. Roma è una città dove il potere abita da sempre, un potere verticale, assoluto…Se qualcuno viene ucciso è assai facile che la Roma eterna dei poteri verticali, così impastata alla Roma “normale” e quotidiana possa essere parte del fatto e allora possono sollevarsi tanti ostacoli. Non è dietrologia, è un aspetto della profondità di questa città. Il caso di Simonetta Cesaroni è un caso di femminicidio che per qualche motivo mai illuminato si è perso nella nebbia. Ma è un caso che ha colpito in profondità più di altri la coscienza nazionale e popolare e che ci racconta i limiti e le manchevolezze di uno Stato che deve assicurare alla giustizia degli assassini. Quindi ha caratteri che vanno oltre il caso di cronaca ed è simbolico. Oltre ad avere, secondo me, un carattere sociale, direi quasi di classe.
I lavori della Commissione quando partiranno?
Non saprei. Io ho avanzato questa proposta di legge a giugno del 2021 a seguito di una serie di colloqui e letture che mi hanno convinto di tentare questa strada per vedere se ci fosse lo spazio per rimettere in fila tanti pezzi sparsi del mosaico. In questi giorni la questione ha assunto un rilievo esterno del tutto indipendente dalla proposta di legge che in tutti questi mesi ho sempre tenuto riservata anche per rispetto dei familiari e dei loro legali che comunque la condividono. Ad aprile verrà posta all’ordine dei lavori della Commissione Giustizia e poi dovranno svolgersi altri adempimenti formali. Mi auguro che si possa partire prima dell’estate. Se così fosse avremmo sei o sette mesi di lavoro, visti i tempi ormai scarni del fine legislatura. Non sono molti ma nemmeno pochi. Diversamente se ne dovrà parlare nella successiva legislatura.
Che idea si è fatto del caso? Nella relazione introduttiva scrivete di "forze oscure, personaggi ambigui, depistaggi, incongruenze inspiegabili delle indagini". Ci spiega meglio?
Come dicevo poc’anzi le indagini sono state segnate da tutta una serie di incongruenze che possono andare da semplici superficialità investigative, a vere e proprie deviazioni. Tra queste ultime vi è sicuramente il caso del finto “super testimone” Roland Voller che per diversi mesi impegnò la polizia a seguire una pista evidentemente costruita artificialmente. Potrei citare un’altra circostanza: quella relativa alla mancata verifica della temperatura corporea della ragazza nei primissimi momenti dopo la scoperta del cadavere; cosa che avrebbe consentito di fissare con più precisione l’ora del delitto e quindi della morte. Fino ad arrivare alla frettolosa dismissione dell’appartamento e del mobilio nelle settimane se non nei giorni successivi al fatto. Tanti aspetti che lasciano perplessi oggi come allora.
La famiglia attende la verità da 32 anni. Cosa ne pensa di quanto trapelato in questi giorni?
Non penso nulla. Avanzare ipotesi non spetta a nessuno se non alle autorità inquirenti sulla base di solidi riscontri se emergeranno. Non siamo in un film giallo. Abbiamo a che fare con una tragedia. Bisogna andare cauti con le parole. La magistratura ha sempre lavorato, in tutti questi anni, con rigore, scrupolo e con enorme fatica. Non ha mai mollato e vedo che ancora è disponibile quantomeno a riflettere. L’azione dei magistrati e della polizia giudiziaria è stata estesa ma si è confrontata evidentemente con qualcosa di sotterraneo e di sfuggente che ha impedito di arrivare alla verità. Non sto evocando il solito fantasma dei servizi segreti o di altro ancora. Forse la verità è più semplice di quanto si può pensare ma il responsabile o i responsabili non sono degli sprovveduti. Inoltre va detto che a 32 anni di distanza bisogna mettere nel conto che qualcuno non sia più in vita. Insomma siamo davvero alle ultime possibilità.
Diverse le donne uccise nella capitale che non hanno avuto giustizia. Otello Lupacchini e Max Parisi hanno scritto il libro "Dodici donne un solo assassino" ipotizzando la presenza di un serial killer a Roma. Potrebbe essere?
Non ho letto il libro, lo farò perché stimo molto gli autori. In questo caso però di una cosa mi sono convinto e non da solo: che il responsabile sia un “territoriale”. Una persona che conosceva il luogo, l’edificio, le sue vie di fuga e forse persino l’ufficio con i suoi orari e movimenti. Posso sbagliare ma non credo… ci ho riflettuto molto…e se fu un “territoriale” risulta più agevole immaginare un campo di protezioni e addirittura complicità che possa averlo protetto. Ma, come ripeto, da qui a dare un volto all’assassino ce ne corre. Per questo la Commissione può essere di aiuto, nel rispetto delle sue funzioni, al ruolo autonomo della magistratura inquirente. Aggiungo che qualora vi fosse un formale nuovo avvio delle indagini, la costituzione di una commissione parlamentare perderebbe le sue motivazioni e non avrebbe senso costituirla. La proposta era nata a giugno con l’idea di favorire una ricomposizione quasi storica della vicenda. Ma forse non siamo ancora nella storia ma ancora nella cronaca.