Giuseppe Conte sfida a viso aperto Beppe Grillo. Non nel corso di una telefonata privata, non con un'operazione di equilibrismo cerchiobottista come sarebbe stato legittimo aspettarsi. No, l'avvocato lancia il guanto in pubblica piazza a un leader non avvezzo al contraddittorio. Non in casa propria, almeno. Non tra le mura che lui stesso ha tirato su, insieme a Gianroberto Casaleggio, dodici anni fa.

Eppure l'ex premier, che dice di aver «studiato la storia del Movimento», non indietreggia davanti all'imprevedibile ira di Grillo. Rilancia. Chiede che siano gli iscritti a mettere l'ultima parola su questa tenzone: a colpi di click su una piattaforma, come si faceva un tempo su tutto, poi diventato molto, fino a diradarsi nell'ogni tanto.

Ma mai un militante avrebbe anche solo potuto pensare di promuovere o bocciare con un voto il fondatore, l'elevato, il padre insindacabile. E infatti forse mai accadrà, visto che nel vuoto di potere pentastellato l'unica carica legittima resta quella del garante, il solo titolato a indire una consultazione.

E perché mai Grillo dovrebbe adesso assecondare la richiesta di un privato cittadino non iscritto al M5S? Conte però è convinto di avere dalla sua il Paese e la base grillina e si lancia in un azzardo in cui uno dei due ci lascerà comunque le penne. Chi pronuncerà il “vaffa” più forte si prenderà il partito.