Proposta choc. Fuori da ogni limite di ragionevolezza, seriamente preoccupante all’interno di ogni sistema che possa definirsi democratico, è la proposta di Beppe Grillo di togliere il diritto di voto agli anziani. Proposta ancora più censurabile e imbarazzante in quanto espressa non da una persona ai margini del quadro e del potere politico ma proprio dal grande “Pater” fondatore, ideologo e capo indiscusso del Movimento/ Partito dei 5 Stelle che insieme alla Sinistra governa oggi il Paese. Il post di Grillo non si connota come una gag provocatoria ed estemporanea di un istrione comico su un palcoscenico di teatro. Tutt’altro. Che tristezza il silenzio sull’anatema di Grillo contro gli anziani da rottamare e basta

Bene articolato in tutte le sue motivazioni e, dunque, ancora più agghiacciante nel suo complesso. In sintesi vi si afferma che «gli interessi degli anziani sembrano essere in contrasto con gli interessi delle giovani generazioni». Nel medesimo post si precisa altresì «che in Italia le persone che hanno più di 65 anni, vicini all’età della pensione o che hanno già smesso di lavorare sono oggi oltre tredici milioni e mezzo». Portando avanti la sua tesi, Grillo afferma che tale massa di anziani risulterebbe «non amare particolarmente il progresso». Da qui l’opportunità di deprivarli del diritto di voto per «favorire le giovani generazioni».

Dunque: anziani, cives senza pienezza di diritti ( ma sottoposti a doveri). Una morte civile, ancor prima di quella naturale. L’Italia è una Repubblica democratica ( art. 1 Costituzione). E’ democratica perché fonda il potere politico sul suffragio universale, applicato come noto per la prima volta su scala nazionale il 2 giugno 1946. Un diritto di voto riconosciuto a donne e uomini a partire da una determinata età anagrafica, senza esclusioni di sorta. Fu un evento epocale. Si è affermato come principio supremo dell’ordinamento costituzionale.

L’onorevole Attilio Piccioni così ammoniva in Assemblea Costituente nella seduta del 6 giugno 1947: «Bisogna far sì che il popolo, tutto il popolo, i 28 milioni di elettori in particolar modo, si sentano interessati, associati quasi permanentemente a quello che è lo sviluppo della vita pubblica locale e nazionale».

Ecco perché questo quasi- silenzio che è calato sulla recente proposta di Grillo turba e non poco. Flebili o non incisive, rispetto alla sconsideratezza della proposta, sono le voci emerse nel pubblico dibattito.

Nell’attuale complessa fase politica in cui, senza tregua, ci si interroga sul rischio di eventuali ferite che potrebbero essere inferte al nostro sistema democratico, la proposta di Grillo, in dispregio di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, risulta da non sottostimare nella sua pericolosità. Essa va, infatti, decifrata anche per ciò che può evocare: un primo passo verso lo svuotamento dei postulati fondanti la moderna democrazia, sia rappresentativa che diretta. Oggi si toglie il diritto di voto agli anziani, domani forse ai disabili, dopodomani magari agli avversari politici… e quant’altro.

Ed allora ci domandiamo se, a fronte di una proposta di tal genere, non sarebbe opportuna una sua ricontestualizzazione in termini critici e una ferma presa di posizione da parte delle più alte cariche dello Stato, nel loro ruolo di garanti della Costituzione e dei diritti politici insopprimibili dei cittadini. In difetto, una deriva davvero insopportabile.