Da “occupyPd” al Parlamento europeo, passando per il successo in Emilia Romagna. È così che Elly Schlein, svizzera per nascita e bolognese d’adozione, si è trasformata nella nuova speranza della sinistra italiana a cavallo tra Pd e partiti radicali. Tutti la invocano come possibile nuova leader di un campo progressista ampio e i paragoni si sprecano. L’ultimo, rimbalzato da un giornale all’altro, con Alexandria Ocasio- Cortez, la giovane deputata statunitense, sostenitrice di Bernie Sanders, diventata in pochissimo tempo uno dei volti più in vista del Partito democratico americano.

Schlein, non ha fatto in tempo a godersi la vittoria in Emilia che già in tanti, a cominciare da Nicola Fratoianni, parlano di una lista Coraggiosa a livello nazionale. È nato un nuovo partito di sinistra?

Non abbiamo ancora chiuso occhio dalla notte della vittoria e non abbiamo avuto modo di fare una riflessione sul futuro. Sicuramente c'è un segnale che parte da qui e arriva a livello nazionale: se la sinistra si rinnova e trova un metodo chiaro per stare insieme - tenendo la questione ambientale e quella sociale inscindibilmente legate - torna a contare. Abbiamo ottenuto un risultato straordinario in sole tre settimane di campagna effettiva e con un simbolo sconosciuto che ci permetterà di incidere sulle politiche future della Regione. Non è poco.

Presenterete lo stesso simbolo alle prossime Regionali?

C'è un'attenzione forte nei confronti di “Coraggiosa” anche da parte di altri territori che stanno per avvicinarsi all'appuntamento elettorale, ma non ci siamo ancora confrontati su come dare una mano partendo da questa esperienza che ci piacerebbe condividere. Perché se c'è da esportare un metodo prezioso che ci ha visto superare frammentazioni, logiche identitarie e personalismi noi ci siamo. Siamo stati in grado di trovare il giusto equilibrio tra le spinte civiche e le forze politiche che hanno sostenuto questo progetto: Articolo 1, Sinistra italiana, È Viva e Diem25 di Varoufakis.

Siamo stati in grado di attivare tanti mondi che in questi anni erano stati lasciati al margine, abbandonando la logica delle quote. Speriamo che anche altri vogliano esplorare questa via.

Sta parlando al Pd?

È questa la vera ambizione.

Lo dico con franchezza: Emilia Romagna Coraggiosa ha aggiunto un pezzo che mancava alla coalizione e che era necessario. Ma il nostro obiettivo non era solo completare questa coalizione offrendo una lista di sinistra, ecologista e femminista, volevamo scuotere l'intero campo progressista lanciando un messaggio anche al Pd: riaggregare su basi nuove e attorno a una visione chiara del futuro, senza ambiguità sui temi centrali.

Il Pd di Zingaretti è pronto a questo passo?

Mi sembra ci sia una discussione interna positiva, si stanno interrogando su come aprire alla società e rimettere al centro il tema delle diseguaglianze. Senz'altro c'è un'attenzione nuova che non c'era nella fase precedente, ora bisogna capire come trasformarla in atto concreto con un nuovo programma di governo del Paese.

Quanto ha pesato sul voto la mobilitazione delle Sardine?

È difficile dirlo in termini di peso elettorale, di certo hanno avuto un peso determinante nel far ritrovare un senso di comunità, ci hanno dimostrato che se ci stringiamo siamo più di quegli altri. Ma non basta, adesso bisogna capire come rilanciare in avanti. Ed è qui che entra in scena il ruolo della politica. Quelle piazze chiedono rappresentanza e unità. Ma l'unità non ha alcun valore se non accompagnata dalla chiarezza della visione.

In questa comunità ritrovata c'è spazio anche per il Movimento 5 Stelle nel futuro?

Dipende da quali sviluppi avrà il loro dibattito interno. Ci sono ancora contraddizioni troppo forti nel Movimento, solo poco tempo hanno condiviso l'impostazione dei decreti sicurezza che andrebbero cancellati. Quella parentesi di governo con Salvini non è mai stata pienamente disconosciuta.

La sconfitta emiliana è una parentesi momentanea o l'inizio di un declino per la Lega?

Abbiamo certamente dimostrato che questa destra non è imbattibile. Sta a noi dimostrare che si può continuare a vincere. È una questione di metodo, di credibilità delle candidature e di visione chiara in grado di riappassionare i nostri. Non abbiamo vinto solo perché qualche moderato ha riconosciuto il buon governo di Bonaccini, ma soprattutto perché son tornate a votare le persone che avevano smesso di farlo o che negli anni si erano rivolte ad altri. Ci siamo presentati agli elettori non solo in nome della continuità con le cose fatte bene dall'amministrazione regionale, ma anche in nome della discontinuità sui temi su cui è necessario un cambio di rotta.

L'autonomia differenziata emiliana rientra tra le categorie della continuità o della discontinuità?

Rientra tra le cose su cui noi abbiamo chiesto a Bonaccini un ripensamento, uno stop per capire come ridare centralità al Parlamento su una questione che riguarda tutto il Paese, per mettere in campo le garanzie necessarie a non aumentare le diseguaglianze nel nostro Paese. Non diciamo no a priori, dunque, dipende però dal come. Di certo l'Emilia Romagna deve assumere una posizione diversa dal Veneto e dalla Lombardia, dove vogliono attuare un secessionismo mascherato. Noi siamo un'altra cosa e si può discutere su alcune materie per avere maggiori margini di autonomia, ma dipende quali e come. Di certo la scuola non può far parte di questo ragionamento.

È stata eletta sia a Bologna che a Reggio Emilia e a breve dovrà decidere per quale collegio optare. In base alla sua scelta però verrà escluso uno degli aspiranti consiglieri: uno di Sinistra italiana e uno di Articolo 1. C'è il rischio che il sogno dell'unità si infranga già alla prima curva?

Non credo proprio. Non abbiamo avuto mai tensioni di questo tipo, come accade spesso quando più partiti si mettono insieme, abbiamo affrontato tutte le difficoltà con uno spirito nuovo. E sono convinta che faremo anche le prossime scelte con lo stesso spirito di squadra che non metterà a rischio il progetto che intendiamo portare avanti.