Sul piano politico lo scopo è chiaro: contrastare la maternità surrogata con ogni mezzo, dichiarandola “reato universale”. Che senza eccedere nelle semplificazioni significa estendere la perseguibilità della gestazione per altri, introducendo la punibilità del reato anche quando questo è commesso in territorio estero da un cittadino italiano. Un’ipotesi già avanzata da Fratelli d’Italia nella scorsa legislatura, e ora rilanciata dal partito della premier con una doppia proposta di legge, alla Camera e al Senato. Con quale possibilità di riuscita? Ne abbiamo parlato con il professor Claudio Cecchella, ordinario di diritto processuale civile all’Università di Pisa e presidente dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia.

Prof. Cecchella, ci sono i presupposti per costruire un reato universale?

Indubbiamente si tratta di un’iniziativa ad effetto da parte del governo. L’orientamento ideologico della maggioranza va in questa direzione, e si vuole forse dare un segno di carattere mediatico, più che di concreta valenza giuridica. Si tratta infatti di esasperare questo tema attraverso la previsione di un reato di carattere universale, per cui chiunque commette il reato, anche al di fuori del nostro territorio nazionale, sarebbe perseguito in Italia. Un’ipotesi che in realtà riguarda i delitti contro l’umanità, casi estremi, di assoluta gravità, che sono perseguiti in tutti gli ordinamenti del mondo. Qui ci troveremmo di fronte a una situazione un po’ diversa, perché in alcuni ordinamenti il ricorso alla gestazione per altri non è reato, mentre lo è indubbiamente in Italia.

Si genererebbe un conflitto con gli ordinamenti dei paesi in cui la Gpa è ritenuta legittima?

Si porrebbe un problema di giurisdizione. La tendenza ad esaltare una sorta di sovranità italiana assoluta, anche fuori dal territorio italiano, non sarebbe in linea con il rispetto del nostro paese verso l’autonomia degli altri ordinamenti. Dal punto di vista del diritto internazionale si tratterebbe di una forzatura. Che è giustificata, ripeto, quando si tratta di delitti contro l’umanità. In questo caso abbiamo a che fare con diritti che seguono prevalentemente gli orientamenti politici dei singoli paesi.

Nella relazione della proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia si fa riferimento all’articolo 7 del codice penale, che prevede la punibilità per taluni reati anche se commessi all’estero.

Sono scelte che il legislatore può prendere, ma che hanno sempre riguardato delitti di assoluta gravità, come nell’ambito della guerra. E non credo che in questo caso sarebbe un deterrente sufficiente rispetto al fenomeno.

Quale soluzione intravede rispetto ai diritti delle famiglie omogenitoriali?

Quella avanzata dalla Corte di Cassazione con la sentenza dello scorso dicembre è a mio parere giuridicamente molto corretta. La Cassazione stabilisce in modo molto chiaro che non è possibile in questi casi il riconoscimento diretto in Italia delle sentenze straniere che riconoscono la filiazione, essendo evidentemente questa possibilità contro l’ordine pubblico italiano. La strada indicata è quella dell’adozione speciale, attraverso una valutazione attenta dell’interesse del minore, che è l’aspetto principale da tenere in considerazione. Bisogna valutare se il minore cresciuto in un contesto relazionale familiare abbia interesse a permanere con un riconoscimento anche di un rapporto di filiazione attraverso l’adozione, e questo capita nel 90 per cento dei casi.

Secondo l’Unione nazionale Camere minorili l’adozione in casi particolari è uno strumento che presenta dei limiti, data anche la durata delle procedure.

Il problema è la mancanza di una legge. La normativa sull’adozione meriterebbe una generale riforma, considerata la disfunzione e i tempi lunghi dell’adozione internazionale e nazionale, che qualche volta possono ostacolare le persone. Su questo non c’è dubbio, ma la vedrei come una questione di carattere generale. L’adozione è rimasta fuori dalla riforma del processo della famiglia e dei minorenni, e quindi è vincolata alle vecchie norme. Ecco, il pensiero di una riforma merita di essere messo in cantiere. Ma il clima politico non mi pare che vada in questa direzione.

Nell’ipotesi che la proposta di Fratelli d’Italia diventi legge, che accadrebbe rispetto alla possibilità di trascrivere gli atti di nascita formati all’estero in seguito a gestazione per altri?

Chi chiede la trascrizione a quel punto rischia di confessare di aver commesso un reato. Il risultato che si ottiene, probabilmente, è di far cessare i tentativi di far riconoscere in Italia le sentenze straniere che accertano il rapporto di filiazione.

Le ipotesi di filiazione però sono varie. Nel caso di un atto di nascita da formare in Italia per un bambino nato in Italia, ma concepito all’estero a seguito di procreazione medicalmente assistita realizzata tra due donne, ad esempio, la giurisprudenza non è uniforme.

Molti giudici di merito italiani continuano a discutere del riconoscimento di queste sentenze straniere, e ci sono orientamenti molto diversi. Poi tutto finisce in Cassazione, e le cose cambiano. Semmai la ricaduta del delitto universale è di creare qualche imbarazzo da parte di chi presenta queste domande, che finirebbero per diminuire. E tutto confluirebbe nell’adozione speciale.