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Tra le altre cose, il governo gialloverde è andato in tilt perché litigava troppo. Quello giallorosso sembra voler riproporre il medesimo copione. Il Pd si svena per sostenere il presidente del Consiglio, ne elogia l’operato e soprattutto elogia sé stesso per aver dato via libera ad una legge di Stabilità i cui contenuti tuttavia vengono rimpallati tra i partner di maggioranza in una ridda di crescenti polemiche. Contenuti, è bene ricordarlo, varati “salvo intese”. Che equivale a senza intese. Nulla di nuovo, possono dire i frequentatori del Palazzo: nei governi di coalizione il battibecco è fisiologico. Vero. Solo che a forza di riproporsi, la fisiologia minaccia di degenerare in patologia. Nulla di nuovo, infatti, non è la consolazione: piuttosto è il problema. Se oggi Pd, M5S e Italia Viva litigano così come litigavano Cinquestelle e Lega non è (o non solo) perché il Contratto era giustapposizione onirica e il Programma affastellamento magmatico. La realtà è che nessuna delle due coalizioni è riuscita (allora) o ancora non riesce (adesso) a definire una realistica “visione” del Paese, a disegnare con una qualche concretezza il profilo dell’Italia che verrà: anche solo tra pochi anni. L’asse Di Maio-Salvini era raffazzonato, frutto della decisione del capo del Carroccio di svellere il suo partito dal contenitore di centrodestra. Tuttavia procedevano sottobraccio le forze che più di tutte premiate dall’elettorato. Nel caso di Pd-M5S l’abbraccio è frutto della determinazione di evitare le urne, non di esaltarne il responso. Cambiando gli addendi, però, il prodotto resta uguale. Segno che il malessere è più profondo, strutturale, “di sistema”. Ma nessuno sembra preoccuparsene più di tanto. Né può consolare la suggestione legata al ruolo “super partes” di Giuseppe Conte. Mediare è arte nobile: può essere esercitata solo se si possiede una grande forza. Il premier trae la sua dal rapporto con il Colle e dal fatto di essere stato il leader capace di chiudere la finestra elettorale. Poi però bisogna dispiegare la capacità di fare sintesi. Le vicende Whirpool e Ilva, che trattiamo in altra parte del giornale, testimoniano quanto governare sia complicato. Ma senza alternative. E una Finanziaria che appena varata abbisogna secondo i M5S di un vertice di maggioranza per essere cambiata, è un pessimo segnale.