La trattativa, ovvio: i partiti servono a questo. Niente di insormontabile, sicuro: incontrarsi e dirsi addio è deprimente. Poi però arriva la sostanza. Nel discorso prima di dimettersi, Giuseppe Conte, dopo avergli addebitato slealtà e slabbrature politiche, ha accusato Matteo Salvini di scarso o nullo senso istituzionale e di aver colpevolmente interrotto una esperienza di governo esclusivamente per suoi interessi elettorali. Basta qualche faccetta irridente, un giro di valzer a palazzo Chigi e una scrollata di spalle con rinnovate ambizioni dell’altro vice Di Maio, per chiudere la vicenda e ricominciare come se niente fosse ( stato)?

Il MoVimento è nato all’insegna del Vaffa contro il Pd, identificato come perno del sistema da abbattere al fine di avviare l’azzeramento delle classi dirigenti e la palingenesi rigeneratrice all’insegna della decrescita felice.

Bastano dieci punti programmatici divisi per altri tre col resto di uno il taglio dei parlamentari, pura demagogia se non inserita in un più vasto disegno riformatore - per cancellare tutto e creare, oplá, un accordo di governo “di legislatura”?

Sono queste le crepe a cui deve trovare soluzione Sergio Mattarella e più di lui le forze politiche. Ma nulla si potrà fare e ogni scelta risulterà di corto respiro se non si parte da un dato strutturale: che quella che viviamo non è una crisi politica bensì di sistema.

A quelli che il 5 marzo dicevano “non avete capito nulla, è cambiato tutto” oggi si può rispondere che quel cambiamento all’insegna dell’opzione populistica- sovranista è crollato in 15 mesi, lasciando un cumulo di macerie. Riprenderla daccapo sarebbe devastante ma anche far finta di nulla sarebbe ancora peggio.

In un anno e mezzo i Cinquestelle hanno perso metà dei voti la gran parte dei quali finiti nel paniere di Salvini. Allearsi col Pd - nemico strutturale di entrambi - glieli farà riprendere oppure è tutto e solo all’insegna del non perdere il potere che ( sempre meno) si ha? Il Pd che reclama la discontinuità pensa sul serio di ottenerla finendo a braccetto con i campioni - seggi parlamentari alla mano - del continuismo fin qui sostenuto? Ed è credibile una giravolta identitaria e strutturale attuata nel giro di cinque giorni?

La verità è che non ci sono ricette facili e sempliciste per problemi straordinariamente difficili e complicati. Per cui ogni scelta, nuovo governo o elezioni, comporterà prezzi sommamente esosi da pagare. Mettendo in conto però che edificare sulle macerie è impresa velleitaria. Per avere fondamenta solide, le macerie vanno prima sgomberate. E poi si costruisce.