Ettore Rosato, presidente di Italia Viva e vicepresidente della Camera, ragiona sulla rielezione di Sergio Mattarella, spiega che il rapporto tra Letta e Renzi è legato alla decisione del Pd, «se continuerà a correre dietro ai Cinque Stelle o sceglierà di tornare al riformismo», e commenta l’idea di un nuovo centro che possa nascere dalla settimana appena passata: «C’è un’area moderata e riformista che si colloca al centro - dice - che ha l’obbligo di provare a giocare di squadra per evitare che populisti e massimalismi di destra e sinistra continuino nel tentativo di bloccare il paese».

Onorevole Rosato, Renzi ha detto che Mattarella non era la prima scelta di Italia viva ma la sua rielezione conferma la lungimiranza nello sceglierlo sette anni fa. Come esce Iv da questa elezione presidenziale?

È stata il segno di una crisi e di una difficoltà. La difficoltà è quella che ha portato tutti i partiti a fare una coalizione di governo per affrontare la pandemia e poi di conseguenza dovere tenere insieme questa maggioranza per scegliere il presidente della Repubblica. La crisi è quella dei grandi partiti che, chi più chi meno, si sono mossi con difficoltà e tentennamenti in questa contesa. Noi abbiamo ottenuto quello che ci eravamo promessi: un presidente europeista, atlantista, che non spaccasse la maggioranza di governo. Lo avevamo ripetuto all’infinito e ci siamo sempre comportati di conseguenza.

Il presidente uscente è stato rieletto dopo i suoi ripetuti accenni all’indisponibilità, non solo per questioni personali ma in primis di “opportunità costituzionale”. Come fanno tutte le forze politiche, ad eccezione di Fratelli d’Italia, a dirsi soddisfatte?

Certamente è finita così anche per la generosità di Sergio Mattarella, che ha detto sì a un appello di tutta la maggioranza di governo. Penso che in questo ci sia anche il mea culpa di chi non lo aveva votato nel 2015 o lo aveva attaccato in questi anni e poi si è ricreduto sul suo grande equilibrio e lo straordinario senso istituzionale che ha caratterizzato questi sette anni.

Come giudica il riavvicinamento tra Letta e Renzi, avvenuto soprattutto per bloccare la candidatura di Franco Frattini?

Penso sia positivo che si sia ritrovato un buon rapporto personale tra Letta e Renzi, ma noi non abbiamo cambiato niente di quello che abbiamo fatto. Siamo stati semplicemente coerenti. Poi se questo avrà conseguenze politiche dipende solo dal Pd: se continuerà a correre dietro ai Cinque Stelle o sceglierà di tornare al riformismo.

A proposito di Movimento 5 Stelle: il partito è dilaniato al suo interno dalla faida tra Conte e Di Maio. Come finirà?

Onestamente non voglio intervenire nel loro dibattito interno. Rilevo solo che Di Maio ha mostro responsabilità istituzionale, Conte ha provato in ogni occasione a fare giochi di parte. Però il futuro che vedo per il Movimento 5 Stelle non mi sembra troppo roseo, a prescindere dalla leadership. Assieme alla Lega e Fd’I hanno provato a spingere sul nome di Belloni e se non si metteva con forza di traverso Matteo Renzi nello spiegare che proprio non si poteva fare, ci sarebbero pure riusciti. In politica ci vuole coraggio, mentre lui ci metteva la faccia altri facevano uscire veline in cui sollevavano anonimi dubbi.

La rielezione di Mattarella è stata l’embrione di un nuovo Centro?

Credo che la settimana appena passata abbia dato uno scossone che lascerà pesanti conseguenze nella politica italiana. C’è un’area moderata e riformista che si colloca al centro che ha l’obbligo di provare a giocare di squadra per evitare che populisti e massimalismi di destra e sinistra continuino nel tentativo di bloccare il paese.

Crede a un nuovo bipolarismo con Salvini, Meloni e Conte da un lato e tutti gli altri dall’altro, compresi Di Maio e i presidenti di Regione leghisti?

Non mi sembra uno scenario plausibile, ma so che il distinguo di questi tempi sarà tra chi sosterrà lealmente l’azione del governo Draghi e chi invece si cimenterà in battaglie di rappresentanza finalizzate solo a cercare un po’ di consenso.

Proprio il governo Draghi è ripartito ieri con un Consiglio dei ministri a tema Covid. Questa elezione lascerà strascichi nel suo cammino?

Non penso che ci saranno conseguenze sul governo. Il presidente Draghi ha avuto la conferma del miglior alleato che poteva auspicare al Colle, cioè colui che lo aveva designato. La maggioranza alla fine è restata compatta come lui aveva chiesto e la sua leadership non è mai stata messa in discussione. Il resto è più un problema all’interno di alcuni partiti che all’interno del governo.

Come ad esempio nella Lega, che oggi dovrà decidere del suo futuro dopo la debâcle quirinalizia.

Al contrario del Movimento 5 Stelle, che è un non so cosa, la Lega è un partito con le sue regole e le sue dinamiche. Alla fine di un dibattito ci sarà comunque una linea a cui attenersi. Certo, la Lega dei presidente di Regione del Nord è una Lega che probabilmente è molto più filo Draghi di chi ha strizzato l’occhio ai no vax e ai no green pass.

Giovedì, subito dopo il giuramento del presidente Mattarella, ci sarà una capigruppo per decidere il calendario dei lavori parlamentari di febbraio. La legge elettorale entrerà nella discussione?

Suggerisco di entrare in punta di piedi nel dibattito sulla legge elettorale. Primo, perché il paese ha oggettivamente della altre priorità. Secondo, perché è un tema molto divisivo nella maggioranza di governo, come appare dalle primissime dichiarazioni. Non vorrei che dopo aver evitato il disastro sul presidente della Repubblica, qualcuno si cimenti in altro sabotaggio. Resta il fatto che una discussione si può certamente fare, ma chi contesta l’attuale legge deve ricordare che è stata approvata nonostante il voto segreto con la più ampia maggioranza della storia repubblicana. Le regole vanno scritte insieme.